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Il Covid batte ancora il mondo dello sport: federazioni sempre in ritardo, arrivano messaggi confusi e contrastanti

Secondo il Governo si può giocare fino alla zona arancione, ma i campionati vengono fermati già in zona bianca. Arriva la norma che impedisce ai non vaccinati di svolgere attività e tre giorni dopo si stoppano comunque i tornei. E poi c'è l'iter richiesto per l'idoneità sportiva di chi ha avuto la malattia

Immagine REALAB-2Lo avevano detto tutti dodici mesi fa, bisogna ripeterlo adesso: due anni sono trascorsi invano. Il mondo sportivo non è ancora riuscito a darsi regole condivise per affrontare quella che ormai non può più chiamarsi emergenza perché sta diventando la normalità. Federazioni che vanno ognuna per la propria strada, addirittura comitati regionali dello stesso sport che prendono decisioni differenti anche in territori limitrofi. Così nel calcio la Lombardia ferma i campionati fino al 23 gennaio mentre l’Emilia-Romagna si spinge al 13 febbraio (Eccellenza esclusa, che ripartirà fra tre settimane), nel volley la nostra regione blocca Serie C e Serie D mentre nei confinanti Veneto e Lombardia, con numeri peggiori, l’attività prosegue regolarmente. E solamente adesso tutti si accorgono che i contagiati devono seguire un iter complesso per ottenere nuovamente l’idoneità sportiva (IN SERATA E' ARRIVATO L'AGGIORNAMENTO DEL PROTOCOLLO), seguendo un protocollo che rischia di bloccare i club. Un allarme divenuto impellente ma legato a una normativa di inizio 2021, dunque con tutto il tempo necessario per intervenire.

Per due anni abbiamo chiesto dati oggettivi prima di decidere un blocco dell’attività. Poi, quando questi vengono definiti dal Governo con l’istituzione delle zone a colori ecco che il mondo sportivo non le rispetta. A oggi fino alla zona arancione è possibile fare sport, ovviamente con limitazioni sempre più stringenti, ma succede che i comitati regionali blocchino i campionati anche in zona bianca. Sapendo di non poter stoppare tutta l’attività, con evoluzioni lessicali qualcuno parla di “riprogrammazione”, altri di “slittamento” lasciando comunque libertà di effettuare allenamenti. Come se il Covid bussasse all'ingresso degli impianti solamente durante le gare ufficiali.

Il sistema a zone aveva almeno definito situazioni oggettive basate sulla percentuale dei posti letto occupati dai contagiati nei reparti ordinari e nelle terapie intensive. Perché, questa è la base della divisione a colori, è più preoccupante avere 5mila persone con polmoniti e complicanze varie ricoverate in terapia intensiva piuttosto che 180mila contagiati con sintomi lievi o asintomatici.

Invece proprio lo sport che era stato fra i primi a chiedere delle certezze adesso non accetta quanto definito da scienziati e addetti ai lavori che hanno sotto controllo i dati della pandemia e anche le possibili previsioni future, come se all’interno delle federazioni ci fossero esperti più preparati e competenti di quelli a cui si affida il Governo. Sia chiaro, nessuno sottovaluta un problema enorme specialmente nel momento in cui il numero dei contagi sale in modo vertiginoso, ma proseguire in senso sparso provoca solamente ulteriore confusione. Serve una linea comune che a oggi è totalmente assente.

Così come genera caos e lascia passare un messaggio errato anche la decisione di consentire la possibilità di praticare sport agonistico solamente ai vaccinati o a chi ha avuto la malattia e tre giorni dopo fermare comunque quasi tutti i campionati impedendo a chiunque di scendere in campo.

Forse tutto il mondo sportivo prima di domandare certezze alle istituzioni dovrebbe fare chiarezza al proprio interno, basandosi su dati scientifici e oggettivi senza seguire la strada delle sensazioni o dei sentimenti.

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