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I tempi della ripresa dello sport di base non sono decisi dal Covid, ma dall'immobilismo e dalla burocrazia

Tutti a dare la colpa al Comitato Tecnico Scientifico, ma la realtà non è proprio quella: tante federazioni non hanno ancora predisposto i protocolli necessari per ripartire in sicurezza

E non è che per le altre discipline la situazione sia migliore. Il basket non ha ancora deciso come dividere i due gironi della Serie A2, vale a dire il secondo campionato nazionale, la pallavolo ha ufficializzato le date di inizio stagione (il femminile inizia il 29 agosto con la Supercoppa) ma non è ancora possibile allenarsi sei contro sei perché manca il protocollo della Fipav. E se questa è la situazione del vertice possiamo immaginare l’attività di base. Nemmeno se ne parla, se non per il problema dell’utilizzo pomeridiano delle palestre da parte delle società sportive. Qualche giorno fa era stato messo sotto i riflettori, poi è immediatamente sparito. Così c’è chi fissa ufficiosamente l'inizio stagione a novembre, chi sostiene che in Lombardia si possa partire addirittura a gennaio 2021.

Poi si allarga l’orizzonte e si vedono situazioni difficilmente comprensibili. Perché, ad esempio, il beach volley che si gioca due contro due con una rete a dividere le squadre non è ancora autorizzato (almeno dalla federazione) mentre a baseball si sta giocando, ovviamente con protocolli e controlli rigorosi durante allenamenti e partite? Allora a questo punto forse non è vero che tutte le responsabilità siano dell’ormai famigerato Comitato Tecnico Scientifico, probabilmente anche i dirigenti qualcosa in più potrebbero fare.

Anche perché, questa è l’ultima considerazione, stiamo parlando di discipline consentite in quasi tutta Italia a livello amatoriale. Si può giocare a calcio, a basket, a volley e a rugby fra amici, ma è vietato svolgere le stesse identiche attività sotto l’egida delle federazioni, dove i controlli sarebbero ancora più rigorosi. Qual è il motivo?

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