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Anche i giapponesi si arrabbiano - Il diario del nostro inviato a Tokyo

Dopo quattro giorni per la prima volta ho sentito un autista suonare il clacson in segno di disappunto. E gli abitanti ci salutano quando passiamo per le vie della città con il pullman

In un Paese dove il sorriso è lo sport nazionale e il saluto è legge, dove se un pedone attraversa fuori dalle strisce gli autisti rallentano invece di accelerare e ci si ferma al semaforo arancione, ho scoperto che anche i giapponesi si arrabbiano. Ci sono voluti quattro giorni, ma finalmente ho sentito un autista suonare in segno di disappunto. Non una strombazzata di dieci secondi con il pugno battuto sul clacson, più un timido avvertimento per non disturbare troppo. Ma il suono c’è stato, l’ho sentito in modo distinto. E’ successo quando un driver distratto ha completamente saltato uno stop trovandosi a incrociare la strada del bus dove mi trovavo. Arrivato a un metro di distanza ecco il segnale di contrarietà del nostro conducente, che a dire la verità non si è preoccupato più di tanto nemmeno quando la macchina si è trovata a pochi centimetri da noi.

Già, perché un’altra caratteristica dei giapponesi è che o non hanno paura, avendo nel dna il cromosoma dei kamikaze, o hanno una totale fiducia nei propri mezzi e in quelli tecnologici. L’esempio lampante è l’ingresso in autostrada per i veicoli che utilizzano il telepass locale. Al casello nessun invito a rallentare e gli autisti, da buoni giapponesi, rispettano in pieno le regole e non sollevano il piede dall’acceleratore. La sbarra si alza quando il muso del veicolo arriva a due spanne di distanza e gli autisti non fanno una piega. Almeno, fino a oggi si è sempre alzata, speriamo che prosegua sulla stessa linea anche nei prossimi giorni. Restano sempre tranquilli i giapponesi anche quando, come ieri, il traffico è completamente bloccato e i giornalisti sul pullman si presentano in processione a lamentarsi e a chiedere a che ora arriveremo al Tokyo Aquatics Centre, dove Federica Pellegrini concentra le attenzioni di tutti gli italiani. Loro guardano in faccia l’interlocutore, sorridono e salutando con un cenno del capo indicano la fila bloccata come a dire: mica possiamo volare. Con queste premesse la lamentela non può proseguire.

Ultima considerazione: a Tokyo tutta questa avversione degli abitanti per le Olimpiadi, di cui si era parlato alla vigilia, non si avverte proprio. Anzi, al passaggio dei pullman (quando non sono bloccati nel traffico) le mamme con i bambini, i ragazzi di corsa e le signore anziane che girano guidando la bicicletta in guanti bianchi si fermano e ci salutano. O ci hanno scambiato per il corteo papale oppure a molti di loro il clima che hanno portato questi Giochi non dispiace proprio.

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