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Sentinelli: «Voglio vincere ancora col Piacenza»

Davide Sentinelli è il gigante della difesa del Piacenza, 37 anni appena compiuti e una qualità particolare: dovunque vada vince. A Mapello si è regalato il nono campionato, ma sarebbe riduttivo indicarlo solo come un talismano: Sentinelli è molto...

Davide Sentinelli è il gigante della difesa del Piacenza, 37 anni appena compiuti e una qualità particolare: dovunque vada vince. A Mapello si è regalato il nono campionato, ma sarebbe riduttivo indicarlo solo come un talismano: Sentinelli è molto di più. Romano doc classe 1979 («e romanista - ci dice - come tutta la famiglia») l’ex Padova è arrivato a Piacenza portandosi dietro una carriera incredibile, 21 stagioni tra Serie A (nel Perugia dal 98’ al 2000) e Serie D, ha giocato in tutte le categoria tranne in quella Cadetta e alla voce statistiche mette insieme un bagaglio di esperienza fatto di 401 presenze e un gran bel vizio: il gol, visto che ne ha firmati 54, molti per un difensore centrale vecchio stile.
C’è anche un’altra curiosità che lo contraddistingue, spesso non si è mai fermato nello stesso posto per più di una stagione. Due anni a Perugia - ma era davvero giovane - tre a Cuneo e due ad Alghero, per il resto ha sempre cambiato al termine dell’annata. E da qui partiamo.

Carattere da giramondo o è stato solo il caso?
«La mia intenzione, nell’arco di tutta la carriera, è sempre stata quella di godermi la vittoria nella squadra con cui ho conquistato il campionato. Purtroppo, e sottolineo non per volontà mia, non è quasi mai successo».

E’ presto per parlarne, ma Sentinelli vorrebbe rimanere a Piacenza?
«Sì e dirò di più: mi piacerebbe vincere ancora con questa maglia. Ormai sono quasi alla fine della mia carriera dunque mi piacciono le piazze calde e infatti, tranne Cuneo dove era una famiglia, le ho sempre scelte. A Padova è stata una delusione quando non mi hanno rinnovato dopo il campionato vinto e appena è arrivata la chiamata del Piacenza ho preso il primo aereo e sono volato dai presidenti per conoscerli».

Torniamo a Mapello?
«E’ stato bellissimo, vincere ha sempre un sapore particolare a cui non ci si abitua mai. Quando ho firmato col Piacenza con i presidenti dissi che avevano già vinto il campionato, perché arrivavo da 8 vittorie e non avevo intenzioni di fermarmi: direi che ho mantenuto la promessa».

Concorda nel dire che l’impronta di Arnaldo Franzini su questa squadra è notevole?
«Il più grande merito di Franzini è stata la capacità di gestione di un gruppo con giocatori importanti, oltre che la bravura tattica. Mi ha fatto accettare la panchina col sorriso e, fidatevi, non è cosa facile perché io voglio sempre giocare. Lì nel mezzo siamo tre difensori forti ma diversi l’uno dall’altro e lui è stato bravo a farci girare a seconda di chi aveva bisogno. Non è facile trovare una qualità di gestione del gruppo così armonica, soprattutto in un tecnico giovane come Franzini, ne ho visti pochissimi come lui: forse Parlato al Padova e Iacolino al Cuneo».

La difesa ha fatto la differenza?
«Come detto prima io, Silva e Ruffini abbiamo caratteristiche diverse e il mister ha giocato sulle nostre qualità. In linea di massima direi di sì, il subire pochi gol e spesso a risultato già acquisito è stato di grande aiuto nell’economia della squadra ma non ci siamo solo noi».

Squadra armonica?
«Il merito va in egual misura agli attaccanti, infatti siamo il reparto offensivo migliore del girone e soprattutto ai nostri giovani che hanno fatto una stagione eccezionale. In tutta la mia carriera non ho mai giocato con degli “under” già così pronti per una grande squadra».

L’ingrediente segreto?
«Che prima di tutto siamo un gruppo di amici veri e questo fa sempre la differenza dentro a uno spogliatoio. Siamo coesi e condividiamo tutti quanti, dal primo all’ultimo, un obiettivo comune: vincere».

Roma o Lazio?
«La via maestra è quella giallorossa. In casa si tifa Roma e anche con i miei figli siamo sulla buona strada».

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