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Piacenza - Arnaldo Franzini: anatomia di un leader

“Le vittorie sono di tutti e le sconfitte spesso solo del tecnico” è un’affermazione sempre molto in voga nel calcio. In realtà è così perché rimane la via più breve per cambiare: più facile esonerare una persona che una squadra intera. Ogni tanto...

“Le vittorie sono di tutti e le sconfitte spesso solo del tecnico” è un’affermazione sempre molto in voga nel calcio. In realtà è così perché rimane la via più breve per cambiare: più facile esonerare una persona che una squadra intera. Ogni tanto però esce l’altro lato della medaglia, cioè la vittoria frutto principalmente del lavoro di un allenatore. E’ il caso di Arnaldo Franzini, che domenica scorsa ha riportato il Piacenza in Lega Pro centrando l’obiettivo al primo tentativo, dopo aver portato i cugini del Pro Piacenza dalla Promozione ai professionisti in cinque anni e aver salvato il club rossonero, l’anno scorso, partendo da un mortificante -8 in classifica causa penalizzazione. Risultati e vittorie, è ciò che conta nel calcio, almeno in Italia, e Arnaldo Franzini li ottiene da sei stagioni. Sarebbe riduttivo indicarlo come l’unico artefice, lui che ha sempre detto di «guidare una squadra di uomini ancor prima che calciatori», non lo è invece definirlo un vero e proprio “uomo solo al comando”. Nelle prossime ore si incontrerà con la società, l’idea è di chiedere un biennale, ma non è vincolante, come non lo è l’aspetto economico. Franzini vuole il Piacenza, il club sa perfettamente che è stato lui a far compiere il salto di qualità mancato nei due anni precedenti e la piazza lo adora come successo solo con pochissimi altri.

ANATOMIA DI UN LEADER - Ancor prima che capo, allenatore, vincente, Arnaldo Franzini è un leader dentro allo spogliatoio, ed è il segreto del suo successo. Scontato, verrebbe da dire, ma solo fino a un certo punto perché in realtà c’è una bella differenza tra tentare di essere un leader e invece esserlo veramente, la differenza sta nell’essere poco autoritario e molto autorevole: non ha bisogno di imporsi perché i giocatori lo seguono automaticamente.
La prima maturazione del mister biancorosso è stata proprio questa capacità di farsi seguire dallo spogliatoio, di essere coerente (il nucleo dell’autorevolezza) nelle scelte mettendo sullo stesso piano tutti, dal capitano al più giovane dei fuori quota; è una qualità che non si compra al supermercato, è una tecnica affinata col tempo e spesso è intrinseca di alcuni caratteri. Per facilitare la gestione del gruppo il Mago di Vernasca ha scelto un blocco di persone fidate, gli ex Pro Piacenza, che per lui andrebbero in guerra, e questa è la seconda grande capacità di Franzini: farsi prendere i giocatori che vuole lui e non quelli che vogliono in società. Autorevolezza nello spogliatoio e autonomia di scelta, due pietre su cui il mister ha costruito la sua carriera.

LAVORO - Con Arnaldo Franzini è tutto studiato nel minimo dettaglio a partire dalla preparazione atletica. Lui stesso lo ha sempre detto: «Non ho mai chiesto una squadra al 100 per 100 della forma, preferisco un 80 per cento costante per tutta la stagione». E infatti la continuità di prestazioni atletiche è impressionante, la squadra non ha mai subito un crollo grazie a uno staff eccellente formato dai preparatori Igor Bonazzi, Gianfranco Baggi e Massimo Ferrari. A questa unisce una capacità maniacale nel curare i dettagli del suo 4-3-3, un dogma per Arnaldo Franzini. Chi segue gli allenamenti quotidianamente avrà notato i numerosi fogli che tiene sempre in mano quando entra in campo: non c’è giorno in cui non spieghi ai giocatori precisamente il tipo di lavoro che si svolgerà e, soprattutto, i motivi per cui si deve fare. E chi sgarra? Ha sempre una seconda possibilità, mai una terza. Infine c’è l’entusiasmo collettivo quotidiano, la squadra si allena con intensità e serenità.

DOGMA - E’ il 4-3-3 che ha raggiunto uno sviluppo davvero interessante. I concetti di Franzini sono semplici da assimilare, perciò si diceva a settembre che il Piacenza sembrava una squadra già formata da mesi. Esterni d’attacco - Matteassi e Franchi - che entrano nel cuore del campo, mezzali - Saber e Porcino - che si tuffano in profondità e terzini - Di Cecco e Contini - che danno una continua spinta in sovrapposizione sulle corsie laterali. Difesa a quattro in linea moderatamente alta e che tende a scappare. Risultato: una media di 2.25 gol segnati a partita, 0,6 subiti e una striscia di 24 risultati utili consecutivi. Il record storico di essere la squadra più veloce a vincere un campionato e probabilmente arriverà anche quello di punti in Serie D, che appartiene al Montichiari (87). Tre anni fa definimmo il suo calcio “rock”, oggi siamo ancora di quell’idea.

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