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Passano le mode ma non la Sparuta Presenza: da 30 anni negli stadi dell’Italia intera. Tanti auguri SP93

Lo storico gruppo della Curva Nord biancorossa ha spento tre decenni di candeline. «Amicizia e coerenza, così siamo durati». Abbiamo incontrato i fondatori: «Davide e Marco sono presenti in ogni nostra bandiera. Il movimento ultras? Non è cambiato più di tanto, il 90% delle curve italiane sono ancora sane, genuine e i giovani che vanno allo stadio sono da salvaguardare».

Da trent’anni sulla breccia. Sono i ragazzi della Sparuta Presenza, che ragazzi oggi non sono più, ma lo erano nell’ormai lontanissima primavera del 1993 quando decisero di fondare un gruppo e da lì non hanno più mollato la Curva Nord. Oggi i capelli sono un filo imbiancati, ma non troppo, la passione invece non è sbiadita e nonostante una stagione avarissima di risultati (col Piace che rischia la retrocessione in Serie D) loro sono ancora lì, a organizzare trasferte e guidare i più giovani, dentro gli stadi di tutta Italia.
Gruppo che ha scritto nero su bianco la storia del tifo piacentino, che incontrammo qualche anno fa per il loro 20esimo e poi 25esimo anniversario, adesso le candeline sono diventate 30. Lo definimmo un gruppo per certi versi solitario, elitario e coerente con la propria mentalità («è sempre stato il nostro pregio e allo stesso tempo anche il difetto» ci rispondono), senz’altro piuttosto chiuso e anche questa volta, come nelle precedenti, non incontriamo un portavoce, ma tutti gli amici («prima di tutto siamo questo, coerenza e amicizia vanno di pari passo in questo mondo») che hanno fondato la SP93.
Cece, Simone, Gianmaria e Davide si presentano alla spicciolata, con loro affrontiamo un bel viaggio tra una birra e una bruschetta al Christiania e non potevamo che partire dalla scomparsa di Davide Reboli. Tra poco ci sarà l’anniversario del primo anno: «Le perdite prima di Marco e poi di Davide hanno lasciato un vuoto enorme. Tutti e due sventolano in ogni nostra bandiera. Per la nostra curva si è aperto un periodo di assestamento ma, ripetiamo, quel vuoto non potrà mai essere colmato» - ci spiega il fratello Cece. E qui si chiude l’argomento, è chiaro come la ferita sia ancora viva e faccia male, probabilmente troppo.

Una delle prime pezze della Sparuta negli anni 90

IL PRESENTE FA OTTIMI NUMERI
«Stiamo facendo dei buoni numeri con la Curva - proseguono - e sinceramente siamo contenti, poi la piazza piacentina la conoscete, è strana: se retrocediamo siamo perfino capaci di fare numeri addirittura superiori a quelli attuali. Rimane il fatto che, nonostante una stagione avarissima di risultati, sempre ultimi o penultimi, la nostra gente ha risposto bene. Dopodiché non guardate a noi come la “guida”, piuttosto ci piace affiancare, aiutare e spronare i nostri giovani: anche qui siamo contenti per le presenze. Certo - aggiunge Simone - sono 30 anni che aspettiamo lo stadio nuovo e ormai abbiamo perso le speranze, però ci aiuterebbe molto e siamo convinti che non fosse utopia, sicuramente dovevano lavorare più in sinergia club, amministrazione comunale e imprenditoria negli ultimi 20 anni. Poi le sconfitte di Siena e Trapani nel 2019 hanno ammazzato il progetto, comunque non siamo mai cresciuti con le strutture e negli ultimi tre anni diamo onore all’ex presidente Pighi di aver tenuto in vita la squadra, il problema è che si è affidato a persone sbagliate e i risultati li paghiamo tutti insieme. Il vero peccato è che il conto arriva salato quest’anno quando, secondo noi, sta nascendo qualcosa di davvero molto interessante con la prima cordata tutta piacentina alle redini della società. Non si era mai vista una cosa del genere».

I GIOVANI SONO DA SALVAGUARDARE
«Sì ma noi abbiamo fatto il militare in curva, non scherziamo. La nostra storia nasce il 21 marzo del 1993, trasferta in treno a Padova, quello fu l’esordio della Sparuta. Noi facevano parte della Legione Gotica, gruppo che ha scritto la storia del panorama ultras e fu una botta dura quando si sciolse, prima da giovanissimi eravamo con la Brigata Farnese. La prima pezza fu una bandiera del Canada e attirammo anche qualcuno più “vecchio”».
Sì ma il nome? «Semplice: 30 anni fa senza social o cose del genere si leggevano le didascalie delle foto sui giornali che scrivevano: “applausi per la sparuta rappresentanza di tifosi presenti allo stadio”. Da lì ci venne l’idea e nacque il nome Sparuta Presenza».
E oggi? «Noi ai giovani chiediamo tre cose: impegno, abnegazione e presenza, però come ti abbiamo detto prima ci piace affiancarli in questo percorso, una volta era diverso. Oggi sono molto meno sotto pressione e subiscono i cambiamenti della società».
Qualche chilo fa e parecchi capelli bianchi in meno? «Noi quando abbiamo iniziato a fine anni ’80 abbiamo fatto “il militare” in curva. Non ti veniva risparmiato nulla. Col senno di poi è stato tutto molto bello, però se volevi entrare a far parte di una curva il percorso era davvero molto difficile, una strada che ci ha lasciato ideali importanti. Oggi, ti ripetiamo, è tutto diverso però i giovani che vengono allo stadio sono una razza da salvaguardare».

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