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Sorrisi, l'obbligo del saluto e il rischio di sbagliare strada - Il diario del nostro inviato a Tokyo

I giapponesi sono un popolo che fa di cortesia e di simpatia una delle caratteristiche principali. Ma possono esserci anche controindicazioni

Dal nostro inviato a Tokyo

C'è pieno di dentisti a Tokyo. Non che io sappia come si scriva in giapponese, ma lo intuisco dal disegno all'esterno di molti negozi. Però ci sono pochissimi fisioterapisti e di questo non mi capacito. Se c'è una cosa che agli abitanti non manca è la disponibilità e la gentilezza. Se commetti l'errore di incrociare lo sguardo di qualcuno il saluto è d'obbligo. Qui salutano tutti: lo fanno i ragazzi che con gli stracci puliscono il campo da basket e prima di uscire si fermano e si inchinano in segno di deferenza. Non lo evitano neppure i vigili che dirigono il traffico: quando ti fermano o devono riprenderti lo fanno comunque sempre con un cenno del capo. Addirittura c'è anche una voce femminile molto cortese che accompagna ogni ingresso alla toilette. Ovviamente non ho idea di cosa dica, ma comunque lo fa in modo molto cortese.

Direte: cosa c'entra il fisioterapista? Ve lo spiego subito. Provate per tutta una giornata a chinare la testa. Sempre, ogni volta che incrociate una persona. Bene, posso assicurarvi che si arriva a sera con la cervicale distrutta. E se il saluto è più marcato e bisogna addirittura accennare un inchino ecco che arrivano anche dolori lombari risolvibili solo dal fisioterapista. Forse per ridurre al minimo questi problemi i giapponesi si sono inventati Dr Stretch, che ho trovato in un centro commerciale. Un operatore ti fa sdraiare sul lettino e ti guida nello stretching da effettuare nel modo corretto. Così sei subito pronto a riprendere la sessione di saluti.

Sorridono sempre in Giappone e già questo contribuisce in modo determinante a far diventare simpatici gli abitanti. Tutti, nessuno escluso, dai bambini agli anziani. Il problema è che bisogna rimanere sempre concentrati per non rischiare di incorrere in clamorose gaffe. Esempio: l'altra sera entro all'Olympic Stadium e inizio a rispondere a tutti i sorrisi degli addetti e dei responsabili della sicurezza. Ma fra un inchino e l'altro sbaglio strada e dove mi trovo? Esattamente sulla pista, dove per fortuna le gare devono ancora iniziare. Quando metto il piede sul manto rosso qualche dubbio di non aver compiuto il percorso corretto mi viene, così mi rivolgo a un volontario che mi indica il tragitto da compiere. Ringrazio e torno sulla strada giusta, ovviamente non prima di avere ringraziato e soprattutto salutato con un cenno del capo.

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