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La puntualità dei giapponesi? Una fake news, almeno alle Olimpiadi - Il diario del nostro inviato a Tokyo

Dall'albergo agli impianti: due ore per coprire meno di 7 chilometri. Intanto gli operatori ecologici raccolgono la spazzatura sempre di corsa

Dal nostro inviato a Tokyo

La puntualità giapponese fa a gara con quella svizzera. Non credeteci, almeno in tempo di Olimpiadi. Qualche tempo fa i media avevano dato risalto alle scuse ufficiali di una compagnia ferroviaria perché un treno era partito con 25 secondi di anticipo rispetto al previsto, definendolo in modo drastico un “enorme inconveniente non scusabile”. Durante i Giochi viene il dubbio che si tratti di una macroscopica fake news.

L’impressione per chi prende i mezzi dell’organizzazione (non è una scelta, per i primi 14 giorni ci si può muovere solamente in questo modo) è che gli autisti siano obbligati a tragitti incomprensibili per far perdere l’orientamento ai passeggeri. Della decisione, comune a tutte le Olimpiadi, di lasciare i giornalisti nel posto più lontano e sperduto dei vari impianti avevamo già parlato. Adesso il percorso a ostacoli ha aggiunto nuove difficoltà: probabilmente siamo pedine di un videogioco, abbiamo superato il primo livello e siamo pronti per quello successivo. Innanzitutto bisogna capire l’orario di partenza, soprattutto dell’autobus che viene a prenderci in albergo. All’arrivo un gentilissimo addetto aveva fatto fotografare il prospetto ufficiale, ma come nel gioco delle tre carte ogni giorno scompare un passaggio per non ritornare più. E ogni volta che si chiede il motivo la risposta è: quello è l’orario vecchio. Vecchio di quanto non si può sapere visto che i programmi sembrano cambiare alla velocità delle condizioni meteorologiche.

Allora bisogna affidarsi alla app predisposta per l’occasione. Funziona bene, il problema è che quanto riportato alle 9 di mattina potrebbe non valere più a ventiquattro ore di distanza. Forse sì, forse no, ogni volta una sorpresa probabilmente per evitare che il povero passeggero si annoi e dia tutto per scontato. Alle Olimpiadi bisogna essere sul pezzo in ogni istante, chi non ci riesce è meglio che stia a casa.

Il Giappone è un Paese in cui nessuno se la prende comoda: gli operatori ecologici che raccolgono la spazzatura lasciata ordinatamente per le vie di Tokyo lo fanno correndo. Non è una battuta, il mezzo su cui gettare i rifiuti rallenta, loro lo affiancano e lanciano all’interno i sacchi, poi accelerano nuovamente con un’andatura da mezzofondista fino alla postazione successiva. Se si diano il cambio in stile staffetta o se per ottenere il lavoro sia necessaria una dura selezione fisica non è dato a saperlo, fatto sta che nessuno ha anche solo un accenno di pancetta.

In realtà esiste anche chi in queste Olimpiadi è molto lontano dall’ottenere risultati simili alla Ferrari (pardon, alla Honda): sono i pullman dell’organizzazione. Per le strade, soprattutto quelle più ampie. ci sarebbe una corsia riservata ai mezzi che trasportano gli operatori dei Giochi. Ma o non vengono utilizzate oppure sembra che i regolamenti prevedano di diminuire automaticamente la velocità, con il risultato di venire sorpassati in modo costante da rimorchi con valanghe di tonnellate e a volte, in città, pure da anziani in bicicletta.

E poi questa idiosincrasia al brivido la conferma il mio crono personale: dall’albergo all’impianto del nuoto in due ore nette, piantato nel traffico con uno dei soliti giri che fanno venire il mal di testa. Poi arriva in soccorso google maps e scopro che in centoventi minuti esatti abbiamo coperto la bellezza di 6,7 chilometri. La virgola non è sbagliata, sono 200 metri in più di 6 chilometri e mezzo.

Allora penso a una soluzione perché voglio accedere al livello successivo del videogioco: a piedi non si può andare, ma se mi travestissi da operatore ecologico, anche senza tenere il passo dei migliori (obiettivamente non ci riuscirei) potrei guadagnare tutte le volte circa un’ora e mezza.

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