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Il parmigiano grattugiato sulla pizza e l'illusione della coppa piacentina - Il diario del nostro inviato a Tokyo

Come a qualsiasi buon italiano arriva la nostalgia del cibo di casa. E i nostri salumi non fanno eccezione, ma le sorprese sono dietro l'angolo

Dal nostro inviato a Tokyo

Inevitabile. Quando un nostro connazionale va all’estero il primo argomento è sempre il cibo, altrimenti non è un vero italiano. Ancora di più se non può mangiare al ristorante ma è obbligato a rimanere all’interno di hotel e impianti olimpici per rispettare i regolamenti covid. Ora, non sono ingenuo e l’ormai immancabile “Pizza Pepperoni” già vista a Rio de Janeiro e ora ripresentata nell’elenco dei classici delle Olimpiadi questa volta non mi fa cadere in tentazione. Non sono un pazzo, dopo una decina di giorni a sandwich in cui cambia il contenuto ma non il sapore e qualche insalata con salse improbabili la pizza è una bella tentazione. Ma la voglia mi passa quando vedo un cinese che ordina una semplice margherita. Quindi? Un attimo, perché il peggio deve ancora venire. La ritira, si dirige verso il proprio posto ma torna sui propri passi cercando qualcosa di indefinito. Anche gli addetti si guardano con aria interrogativa, poi l’avventore trova il suo eldorado: un contenitore di parmigiano reggiano (magari non proprio originale, comunque qualcosa di simile) grattugiato che con un bel sorriso sparge soddisfatto su tutta la pizza. Decido di passare oltre e prendo un hamburgher.

Se da italiano posso anche evitare la pizza, soprattutto dopo aver visto lo scempio del cinese, non riesco a resistere di fronte alla coppa. Nessun vero piacentino potrebbe farlo e io non rappresento l’eccezione, soprattutto quando trovo una confezione nel supermercato di fronte all’albergo. Sia chiaro, non mi aspetto il nostro prodotto dop, non crediate che sia così credulone, ma anche qualcosa di simile mi andrebbe comunque bene. La nostalgia culinaria di casa sarebbe momentaneamente allontanata e se il sapore fosse almeno decente nulla toglie che possa ripetere l’esperienza più di una volta. Anche l’occhio vuole la sua parte e a un controllo approfondito i colori e l’aspetto sembrano proprio quelli del nostro salume.

E’ confezionato ma mica si può chiedere la luna, siamo dall’altra parte del globo. Così metto tutto in frigorifero pronto a gustarmelo quando sarà il momento. L’attesa la renderà ancora più appetitosa, almeno penso. Così quando credo sia arrivata la serata giusta mi prendo il pane più adatto e sono pronto per l’occasione, in una sorta di rito laico che solo i piacentini possono apprezzare. Arriva il primo morso e... Una delusione enorme. Quella che sembrava coppa ha un sapore indefinito, una sorta di speck nemmeno troppo buono, una specie di carpaccio di maiale dal sapore indescrivibile. Insomma, un’esperienza da dimenticare in fretta.

Ma mi conosco e so già che la prossima volta la lezione non mi sarà servita: alla coppa un vero piacentino non può mai resistere.

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