Marcello Tentorio e quei tiri micidiali che finivano in rete
Arriva a Piacenza nell'ottobre del 1969, rimane nel cuore dei tifosi anche la squadra quell'anno retrocede dalla Serie B
Marcello Tentorio arriva a Piacenza nell'ottobre del '69. Lo ricordate? Assomigliava a Victor Sogliani, il mitico chitarrista dell'Equipe 84. Molto alto, fisico possente, capelli lunghi, basettoni e soprattutto un tiro micidiale, in grado di mettere in difficoltà chiunque. In anni di contestazione e di rivolte all’indomani del Sessantotto rappresenta lo spirito bohemien del calcio in rivolta. Con il suo modo anticonformista di porsi fa strage di cuori, il suo costo (140 milioni di lire) sconvolge l'establishment biancorosso, ma non solo, si parla sulla stampa sportiva nazionale di questo trasferimento novembrino come un colpo d’autore. Il presidente Vincenzo Romagnoli (quello della società “Acqua Marcia” finita sotto la lente di Tangentopoli per intenderci) in quegli anni ai vertici del Piacenza neopromosso in serie B, decide con Tentorio di fare un regalo ai tifosi considerato che il Piacenza proprio bene non è messo. Si è infortunato seriamente il libro titolare Bordignon e serve una figura di spicco, un trascinatore, un uomo di campo che sia anche uomo immagine: ergo, Marcello Tentorio. Nato a Como nel 1943, cresciuto nelle giovanili del Bologna, nella stagione 1963-1964 (quella del settimo scudetto) viene aggregato alla prima squadra riuscendo ad esordire in Serie A nel 1965. Colleziona cinque presenze e nell'estate del 1966 viene ceduto in prestito alla Sampdoria, retrocessa in Serie B per la prima volta della sua gloriosa storia. La stagione è molto positiva sia per la formazione genovese che vince agevolmente il campionato sia per Tentorio, che disputa tutti i 38 incontri andando a segno in quattro occasioni. A fine campionato rientra a Bologna, e nel 1967-1968 disputa dieci incontri segnando tre reti.
Nel 1968 Tentorio passa al Bari in Serie B dove viene utilizzato dall'allenatore Toneatto per migliorare l'efficienza del reparto offensivo con i suoi calci piazzati che hanno il pregio della forza e della precisione. Il centrocampista comasco mette a segno nove reti, tutte su punizione, risultando il calciatore biancorosso più prolifico della stagione e contribuisce alla promozione dei baresi in Serie A. Nella stagione successiva trova sulla sua strada un nuovo allenatore, Oronzo Pugliese (di cui Lino Banfì con Oronzo Canà farà una parodia cinematografica particolarmente azzeccata) in sostituzione di Toneatto. Vuoi per il look vuoi perché il superstiziosissimo Mago di Turi (così veniva definito Pugliese) ha una concezione del calcio molto difensivistica, marcature rigide e il libero dietro alla difesa senza voli pindarici in avanti, Tentorio non fa al caso suo inoltre quei basettoni e una certa tendenza alla vita notturna sono più che sufficienti ad autorizzarne la cessione al Piacenza.
Indossa la maglia numero sei e l’esordio alla Galleana è una festa, anche per Sabino Laurenzano, autorevole cronista di “Libertà” che definisce Tentorio una preziosa risorsa per la salvezza dei biancorossi. Non deve sfiancarsi in marcature asfissianti, ma ha il compito di proteggere il portiere e di comandare la difesa. Una sorta di tenente fra caporalmaggiori e marescialli. E’ il solo a potersi permettere il lusso di qualche dribbling in area di rigore e a volte viene paragonato all’icona del libero che in quegli anni è rappresentata da Franz Beckembauer, Marcello è il Kaiser de noantri. Sono anni, quelli, in cui il calcio viene interpretato in modo molto diverso da oggi: Helenio Herrera e Nereo Rocco giocando con marcature rigorosamente a uomo, coi terzini che raramente fluidificano (Facchetti è una splendida eccezione) e il solo libero, se veramente bravo, a spingersi ogni tanto in avanti, hanno vinto Coppe dei Campioni e Coppe Intercontinentali. Il modello italiano è vincente ma poco spettacolare, molto speculativo e per nulla offensivo.
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