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Quel salto ventrale di Felice Baldini tra storia e memoria

Con la "vecchia" tecnica fu il quinto italiano a superare quota 2 metri. Nel corso degli anni è stato anche tecnico e dirigente di alto livello

Erano altri tempi, gli  anni Sessanta erano una canzone che ti rimaneva nella testa per sempre, le imprese spaziali e la nascita delle grandi infrastrutture che fecero del nostro Paese un esempio di modernità. Anche lo sport seguiva percorsi di grande interesse sia nei centri più avanzati che nelle realtà minori. E all’indomani delle olimpiadi di Tokio del 1964 com’era strutturata l’atletica leggera a Piacenza? Ho letto un breve saggio di Giovanni Baldini figlio di Felice, maestro dello sport nato nel 1943 e prematuramente scomparso nel 1988, il primo emiliano a superare con un salto ventrale nel 1964, i due metri di altezza, quinto in Italia.

La vittoria olimpica di Pino Dordoni nel 1952 è ancora viva e il Gruppo Sportivo Calzaturificio Diana, società di riferimento dell’atletica leggera, aveva suscitato entusiasmo nello sport piacentino, tant’è che un buon numero di giovani si erano avvicinati all’atletica, prima sulla vecchia pista dello stadio comunale di barriera Genova e poi al Campo Scuola “Daturi”, realizzato negli anni Cinquanta ai piedi della vignolesca mole di Palazzo Farnese. Ragazzi e ragazze guidati da due grandi animatori come Valter Sichel e Franco Rattotti cercavano di apprendere i rudimenti di una disciplina sportiva particolarmente viva e molto in voga allora. Accanto a loro c’erano campioni come Edmondo Ballotta e Danila Costa, e poi, col passare degli anni, tanti altri: i velocisti Badovini e Costaldi; i mezzofondisti Boiardi, Barbieri, Capucciati, Bozzini; i saltatori Baldini, Devoti, Aquino, Servis; i lanciatori Bongiorni, Bernini, Malagisi e Ballerini, tutta gente che aveva questo sport nel sangue.

E poi c’era Agazzano, l’ombelico del mondo di Felice Baldini, padre di Giovanni e fratello di Claudio Enrico, c’erano il mitico campo San Carlo e la vecchia chiesa sconsacrata, che i più giovani hanno visto soltanto in fotografie d’antan, ma che hanno rappresentato per tanti ragazzi di allora un vero e proprio punto di riferimento. Scrive Giovanni Baldini che “non erano né un campo sportivo, né una palestra ma uno spazio rudimentale ricavato dai giovani di allora per giocare all’atletica”. La pedana del salto in alto, specialità verso la quale Felice era particolarmente portato, era stata ricavata su un prato e la zona di caduta era un mucchio di sabbia alto soltanto qualche centimetro. Su quella pedana i ragazzi della Valluretta, sfidavano la forza di gravità cercando di andare oltre, di superare se stessi, di individuare un piccolo centro di gravità permanente. Felice Baldini su quella pedana affinava le proprie capacità tecniche, con allenamenti che proseguivano per ore impostati sulla necessità di migliorare lo stile nel salto ventrale. Claudio Enrico, il fratello,  lo consigliava, lo correggeva, senza l’ausilio di nessuna strumentazione tecnologica ma con la passione e l’affetto più sincero per questa disciplina.

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