Augusto Civardi, forza d’urto e carattere irascibile
Campione d'Italia nel 1971 in uno stadio di via Gorra gremito, in anni di rivolte e scioperi viene definito "Il contestatore"
Augusto Civardi è un personaggio strano, un pugile professionista che conquista un titolo italiano nella realtà degli anni Settanta. Appartiene alla Salus et Virtus, corporatura massiccia e nervi a fior di pelle, sempre, capelli rossicci increspati, ha un carattere a volte esuberante che ne condiziona le prestazioni. Esordisce nel professionismo nell’aprile del 1967 sbarazzandosi in poco più di un round del nigeriano Abe Gradebo, poi batte Mario Negrini e Umberto Maggi sempre per ko entro la terza ripresa. I piacentini lo amano comunque perché sono più di vent’anni che un loro concittadino non conquista un titolo italiano. L’ultimo era stato Antonio Crosia negli anni Cinquanta. Da quei successi Piacenza ha ritrovato una propria identità, si è arricchita ed è cambiata grazie al boom economico e a un’evidente crescita industriale. Sono cambiati gusti e passioni. Un esercizio, un esperimento, un cortocircuito della memoria: ricordare i Settanta significa avere a mente il sequestro Moro, l’omicidio di Pier Paolo Pasolini che ci priva di un grande intellettuale. Sono, i Settanta, gli anni delle grandi contraddizioni: dal piombo delle P38 agli operai nelle piazze fino agli assassinii ad opera delle Brigate Rosse e del terrorismo nero; Piacenza invece continua a vivere la sua stagione di città guelfa e papalina con cinque prelati al servizio di Sua Santità. Le manifestazioni e mutamenti sociali con l’elezione del sindaco comunista Felice Trabacchi arriveranno qualche anno più tardi.
Il pugilato piacentino di quegli anni è soprattutto Civardi, nato nel 1943 e venuto a mancare nel 2021. Conoscendone le caratteristiche, fuori casa nessuno vuole affrontare un picchiatore del suo calibro. Rino Tommasi in quel momento il più credibile degli organizzatori lo mette in programma in una delle grandi riunioni romane. Trova un avversario inadatto a fargli fare una buona figura, l’aretino Innocenti, in grado di imbrigliarlo badando solo a difendersi e ad evitarne i colpi con ogni mezzo. Dopo quattro riprese insignificanti l’arbitro rispedisce entrambi all’angolo e ad Augusto girano, s’innervosisce e lascia. Niente da fare, bruciata la piazza di Roma, riprende la scalata alle prime posizioni delle classifiche combattendo quasi sempre a Piacenza mentre il valore degli avversari cresce. Finiscono per assaggiare l’assito del ring Antoine Porcel e l’ex campione d’Europa Lino Mastellaro, spazzato via in due riprese. C’è una data da ricordare: il 24 giugno 1969. A Piacenza questo peso piuma dal temperamento irascibile deve vedersela con il quotato Ugo Poli. Il match finisce alla sesta ripresa con un ko che scatena non poche polemiche. Civardi arriva da una bella serie di vittorie prima del limite, e non è certamente digiuno di tecnica che utilizza per arrivare al colpo duro e alla conclusione. I due sono ben piazzati nella classifica nazionale per cui l’organizzazione dà alla loro sfida l’etichetta di Titolo dell’ Italia del Nord, una sorta di semifinale sulle otto riprese. Civardi, come suo costume, attacca senza indugio, mentre Poli porta un ottimo jab sinistro per tenere lontano l’avversario. Alla terza ripresa il sinistro di Civardi viene accusato dall’avversario che piega le ginocchia. Il quarto e quinto round sono teatro di scambi violenti. E al sesto l’imprevisto ko che lascia nei presenti un dubbio: si è trattato di un pugno o di una testata? La verità è che il pugno, a detta dell’arbitro, arriva una frazione prima della testata involontaria. Poli si accascia al tappeto e dopo il conteggio non vuole continuare, l’arbitro non ha dubbi: vittoria per Civardi e per Poli sconfitta prima del limite, giustificando la sua decisione col fatto che Poli ha piegato vistosamente le gambe per il colpo prima della testata. Civardi oltretutto è in leggero vantaggio e viene da una bella serie di vittorie perché ha la capacità di utilizzare la sua tecnica per arrivare al colpo duro e alla conclusione.
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