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Mercoledì, 29 Novembre 2023
Tutti i campioni del mio cuore

Il ciclista Attilio Pavesi eroe alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932 dopo due settimane di viaggio

Nato a Caorso, divenne famoso per gli ori conquistati ai Giochi negli Stati Uniti dove era partito come riserva

Giochi olimpici di Los Angeles del 1932: tutti gli atleti furono per la prima volta ospitati in un Villaggio Olimpico e le donne in hotel. Pare che l’organizzazione sia stata perfetta per quei tempi, tuttavia, a causa della Grande Depressione del 1929 e della posizione geografica della città californiana, i Giochi  videro la partecipazione di soli 1330 atleti, meno della metà di quelli presenti ad Amsterdam quattro anni prima. Insomma, la povertà e la fame avevano impedito a tanti giovani di aderie alla manifestazione più importante, al sogno di una vita. Era infatti un’altra epoca per lo sport, che ancora non era fenomeno globale e commerciale, legato all’ansia da record e falsato dal doping. Allora poteva capitare che a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi fossero ragazzi arrivati allo sport per istinto o per caso, correndo nei campi dell’Italia contadina con la sola forza delle gambe o in sella a una bicicletta, saltando sui dossi e le buche. Uno di questi ragazzi era Attilio Pavesi (1910-2011). Un atleta proveniente da Caorso, bassa padana, provincia di Piacenza. Il giovane Attilio nuota nelle torride estati in pianura nel torrente Chiavenna e gareggia con gli amici. Caorso è una piccola comunità in cui ci si conosce tutti e Attilio con un cacciavite in mano fa davvero miracoli.

Frequenta la scuola elementare che presto abbandona per lavorare nell’officina meccanica del paese. E’ l’undicesimo e penultimo figlio di Angelo Pavesi e Maria Podestà. Con le mani ci sa fare abbiamo accennato: con una forcella trasforma una bicicletta da passeggio in una bici da corsa e con questa a quindici anni si avventura in strada e corre la sua prima gara a Zerbio; si avventura poi sulle strade della pianura padana tra Piacenza e Milano. Va forte, ha intelligenza tattica e agonistica, conosce il mezzo meccanico, sa modificarne i difetti e sa come farlo rendere al massimo. Lo notano in tanti e così il ciclismo diventa la sua passione e la sua grande ambizione. Nel 1931 parte per il servizio militare ed è costretto a interrompere gli allenamenti. Si avvicinano però le Olimpiadi di Los Angeles del 1932 di cui abbiamo fatto cenno sopra e gli atleti che prestano il servizio militare vengono radunati a Roma presso la Scuola militare di educazione fisica della Farnesina. Lì Attilio ha modo di conoscere un grande del calcio, Giuseppe Meazza con cui condivide la stanza, sono coetanei ma Bepìn è già un divo dell’universo calcistico; milita nell’Ambrosiana Inter e la sera non si fa mancare qualche fuga al tabarin dove c’è spesso una bella signora ad attenderlo.

Gli atleti che frequentano il servizio militare godono di un regime speciale: possono allenarsi durante il giorno, soprattutto in vista di manifestazioni internazionali e nazionali che potrebbero dar lustro al Paese. Lo sport è già veicolo di massa, i ritorni in fatto di immagine che può dare piacciono molto a Benito Mussolini e allora quei ragazzi fanno a gara per emergere nelle loro discipline. L’avventura olimpica per Pavesi non parte benissimo, è infatti vittima di una caduta dalla bici durante l’ultima gara preolimpica in cui si decidono i nomi di coloro che andranno a Los Angeles. Rischia l’esclusione, fortunatamente però viene inserito come riserva nella squadra che rappresenterà l’Italia: è, infatti, il quinto della lista degli atleti che correranno negli Stati Uniti dopo Olmo, Segato, Zaramella e Cazzulani.

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