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Marcelo Bielsa, il “Loco” e la possibilità di un calcio rivoluzionario

"Storia aneddoti, metodologia, evoluzione tattica", il libro di Carlo Pizzigoni, Damian Giovinco e Filippo Lorenzon sul tecnico argentino che seguiva le partite sugli alberi

Interviste, ritratti e interventi. Più di trenta protagonisti del calcio mondiale, da Guardiola a Pochettino, da Mascherano a Javier Zanetti, da Milito a Burdisso, da De Zerbi a Juric, da Sampaoli a Gallardo, raccontano nel libro a cura di Carlo Pizzigoni, Damian Giovinco e Filippo Lorenzon, “Marcelo Bielsa. Storia aneddoti, metodologia, evoluzione tattica” (Gli Unici. Nuovo calcio, 2021) paradossalmente l’uomo più rispettato e adorato del fútbol moderno. Presente nel testo una curata analisi sull’evoluzione tattica di alcune squadre in cui ha lavorato Bielsa: Newell's, Argentina, Cile, Athletic Bilbao e Leeds. Non un libro semplice è bene dirlo, e soprattutto per quanto riguarda gli aspetti tattici è rivolto soprattutto agli addetti ai lavori.

Il “Loco”, il profeta di un calcio diverso per valori e profondità, lavoro e ricerca, è l’allenatore che intende “rendere degno” il gioco più bello del mondo, come ha scritto Jorge Valdano, per la sua “ossessione etica” che somiglia a una missione. Secondo gli autori seguendo il percorso di Bielsa ci interroghiamo sul senso del gioco e della professione di tecnico, sul rapporto con la vittoria e con la sconfitta ma anche sul senso della vita: il calcio come archetipo di dei pagani che tanto richiamano l’antica Grecia;  eroi che necessitano dei loro vati. Ergo si parte dal calcio per arrivare alla vita e viceversa arrivando.

Gli intervistati focalizzano il personaggio Bielsa non sui risultati ottenuti, (sarebbe errato e scorretto) ma sul fatto che ci troviamo di fronte a un vero rivoluzionario dal fascino magnetico, un integralista della panchina che oltre ad avere delle fissazioni maniacali per i dettagli (sostiene di leggere dodici quotidiani al giorno, di aver visionato ben più di 20mila partite e di aver percorso 24mila chilometri in tre mesi per andare a visionare giovani promettenti) e le sue stravaganze, come quando da allenatore delle giovanili assisteva a spezzoni di partite sugli alberi. Da questi comportamenti deriva il soprannome di “Loco” (pazzo).

C’è da dire però che Bielsa è ritenuto da Pep Guardiola (che ebbe l’illuminazione di diventare allenatore dopo una chiacchierata di undici ore proprio con Bielsa) “il migliore allenatore del mondo” e che può annoverare tra i propri “discepoli”, oltre allo stesso Pep, tecnici come Sampaoli e Simeone, il cui “cholismo” è l’esatto opposto di quello stile offensivo. Inoltre per non farsi mancare nulla, Bielsa ha lanciato giocatori come Balbo, Sensini, Rafa Marquez, Heinze, Pochettino e Batistuta. Come sostengono gli intervistati, Bielsa è riuscito a sintetizzare i due grandi stili calcistici che imperavano in Argentina: quello di Menotti, vincitore dei Mondiali del 1978 con un gioco spettacolare e votato all’attacco, e quello di Carlos Bilardo, campione del mondo nel 1986 estremamente difensivista, per dar vita a una terza scuola improntata sull’aggressività a tutto campo, la velocità e i ritmi forsennati, con inserimenti verticali negli spazi ad attaccare senza sosta le ripartenze avversarie; in questa filosofia di gioco il numero dieci ha un ruolo cruciale e deve avere fiato, tecnica e cervello per collegare i reparti. 

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