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"Mai paura": Gianni Brera dalla A alla Z nel libro del figlio Franco

L'opera racchiude i neologismi del grande giornalista, dalla A di abatino alla Z di Zot, una serie di vocaboli che sanno di tempo andato, di vino buono, di storia infinita, di calcio e di passione

Ricordo. Su questa rubrica scrissi qualche tempo fa una sorta di commento alla “Storia critica del calcio italiano” (Bompiani) di Gianni Brera. Dissi che il volume rappresenta un esempio unico della grande capacità narrativa e letteraria di Giòan Brera fu Carlo, come amava firmarsi quando ti dedicava un libro. E sottolineai la grandezza di uno scrittore che più di ogni altro ha dato al calcio un’interpretazione che va oltre i resoconti dei tanti cronisti sportivi, tirando fuori da questo sport elementi di antropologia, medicina, filosofia, addirittura considerazioni di carattere geografico e in proposito è interessante la sua teoria sul calcio nelle città di mare: “Le squadre genovesi – scriveva – difficilmente  vinceranno lo scudetto, a Genova spira la macaia, la bonaccia del mare che alza il tasso di umidità e impedisce ai giocatori di dare il meglio”. E in forme diverse avviene a Napoli, Cagliari e Roma.

Tornando all’articolo, qualche giorno dopo la pubblicazione ricevetti una telefonata inattesa: il figlio del grande Giòan, Orso Maria Giovanni Brera (alias Franco Brera), mi raggiunse sottolineando che nel mio pezzo molto di vero c’era, soprattutto per alcuni aspetti relativi al padre e alle sue abitudini. Mi parlò anche di un suo libro, dal titolo “Mai paura” che è il dizionario per conoscere il linguaggio breriano, il cui sottotitolo: “Gianni Brera dalla A alla Z” (Cinquesensi editore) ci dà l’idea di quanto sia stata importante la scrittura per Brera: “Sono l’ultimo rimasto della nidiata di mio padre – commentò Franco – sono spesso sollecitato a raccontare qualcosa di originale e di vero su un mondo che altrimenti sparirebbe. Questa volta me l’ha chiesto/consigliato mia moglie. Quindi rispondo con l’unico imperativo che è possibile rivolgere a una signora: comandi, farò quel che potrò”.

Orso Maria Giovanni Brera ci regala con questo volume una chicca d’autore, necessaria per capire e per conoscere il suo amato padre da un punto di vista letterario e linguistico. Si parte dalla lettera A e si scorge il termine Abatino, per giungere alla Z dove troviamo “Zot!”. Insomma una viaggio nella lingua madre, molto padana e tanto latinizzante che ha reso Giòan scrittore unico nel pianeta calcio. Già, perché Abatino era stato coniato originariamente per Livio Berruti e fu trasferito in un secondo momento a Gianni Rivera. Pare sia scivolato addosso anche a Maradona e a Pietro Mennea  (“Divin scorfano”, sic!). Ma chi era l’Abatino ab origine? Era l’abate Giuseppe Parini, dunque un vero abate, l’autore del “Giorno” e del “Giovin Signore”. Brera voleva bene al Parini progressista e moderato e la generazione degli Abatini tra gli anni Settanta e Ottanta ha fatto epoca, per la loro levità stilistica ma anche per la loro fragilità agonistica. Proseguendo in questa carrellata di vocaboli, ci imbattiamo da un punto di vista calcistico, in Eupalla, di cui il Nostro ne fa abbondante uso nei suoi commenti. Si tratta di una semidiva posta a protezione di chiunque si dedichi al “Folber” (espressione dialettale del football, si giocava nei sabbioni del Grande Fiume, a piedi nudi, a pochi passi da Arena Po e Brera ne era affascinato). Eupalla è molto temuta perché può rovesciare in pochi attimi risultati acquisiti, anche Gianni temeva questa immaginaria divinità che protegge e ispira il gioco del calcio. Possiamo proseguire con alcuni personaggi molto amici come Fabio Capello, il Gran bisiaco, così era definito con una forma di dialetto friulano. Don Fabio era molto amico di Giòan e raramente ha mancato a celebrazioni a ricordo dello scrittore e uomo di calcio impagabile. Altra figura molto amata era Lady Real, Erminia Moratti, madre di Massimo. Si trovavano tutti i martedì al ristorante Da Roberto in Corso Sempione a Milano e ironicamente la definiva “fidanzata” e poi c’era il Pelasgio, abitante sulle rive tirreniche che in termini calcistici era Bruno Conti. Insomma, tanti termini che appartengono al linguaggio comune: dall’incornata al Rombo di Tuono (Gigi Riva), dalla Zolla (di cui probabilmente Brera fu principe) alla goleada, una serie di vocaboli che sanno di tempo andato, di vino buono, di storia infinita, di calcio e di passione. Grazie Franco.  

  

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