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La partita - Il romanzo di Italia-Brasile. Quando il calcio è metafora di tante vite

Nell’ultimo libro di Piero Trellini le storie di vita e le emozioni del pallone collegate alla partita che ha segnato un'epoca

Spagna, 5 luglio 1982, l’afa è insopportabile, sono in corso i Mondiali di calcio e l’Italia incontra il Brasile. È l’ultima partita prima della semifinale. Per arrivarci, ai sudamericani basta un punto. Dalla loro hanno la bellezza, gli elogi e il pronostico. Per gli azzurri, invece, chiusi nel loro silenzio e in guerra contro il Mondo, è una sfida quasi impossibile. Allo stadio Sarriá di Barcellona (oggi demolito) l’epilogo sembra scritto e durante quella partita si  incrociano i destini di un arbitro scampato all’Olocausto, un centravanti in attesa di rinascita, un capitano che ha fatto la rivoluzione, un fotoreporter con un dolore al petto, un portiere considerato bollito, un centrocampista con le scarpe dipinte, un commissario tecnico con la pipa e un inviato alla sua ultima estate. C’è anche un bambino di dieci anni, si chiama José e non sa che diventerà un simbolo. Gli altri, invece, non possono nemmeno immaginare che quella sarà la più grande partita mai giocata su un campo da calcio. Hanno tutti lo stesso sangue e nascondono segreti inconfessabili. Per conoscerli, però, bisogna seguire dal principio i fili che li hanno condotti fino a quel 5 luglio del 1982.

E’ questa, in sintesi, la sinossi del libro di Piero Trellini, “La partita, il romanzo di Italia-Brasile” (Mondadori). Un bel libro perché la caratteristica di questo romanzo-saggio sta nel fatto che tutto è un intrecciarsi di storie e calciatori, dirigenti sportivi, capi di Stato, arbitri. Una storia vera di uomini che hanno fatto a loro modo la storia, di un’epoca lontana e il calcio si riannoda con la vita di ogni giorno. Perché il calcio muove ricordi, emozioni, stati d’animo.

Leggendo il libro, i ricordi si sono palesati ancor più nitidi e accanto a Italia-Brasile ho pensato alla notte delle notti, quando l’Italia conquistò il terzo titolo mondiale l’11 luglio dopo una cavalcata straordinaria. I ragazzi di Bearzot ci regalarono le notti magiche di un’estate indimenticabile. Molti  piacentini come gli amici del Club Luzz di via Alberoni, si recarono in Spagna per assistere alle fasi finali del Mundial e tornarono vincitori anch’essi, quasi fossero ambasciatori di una missione, di un appuntamento con la storia in un universo rigorosamente rintanato nei propri confini (era impensabile negli anni Ottanta l’idea di una società globalizzata). E quell’11 luglio 1982 resta incastonato nella memoria di tanti di noi: il Mundial ha i nostri occhi, siamo campioni. Ci ritroviamo ad essere italiani, complici gli anni Ottanta meno cupi del decennio precedente.

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