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Gibì Fabbri, una vita di bel calcio: la storia dell’allenatore che trasformò Piacenza nella Grande Olanda

Con lui in panchina i biancorossi vennero promossi in Serie B giocando in modo spettacolare e ultra offensivo

Il telefonino squillò intorno alle diciannove. Era un sabato di gennaio. Ricordo questo dettaglio, perché si trattò della telefonata di uno dei miti giovanili che hanno illuminato la mia passione per il calcio. Gian Battista Fabbri, Battista, oppure Gibì. Disse che era in vendita un libro su di lui, sulla sua lunga e luminosa carriera. Aggiunse che sarebbe stato felice di presentare il volume a Piacenza, città che tanto gli aveva dato e che non ha mai dimenticato. Gli dissi di mandarmi il libro, fece da tramite l’amico Natalino Gottardo, e quando cominciai a sfogliare il volume, “Gibì, una vita di bel calcio” (Racchilega Editore) curato da Enrico Testa, fu come entrare nel mondo dei sogni, perché grazie a quel libro sono qui a ricordare anni tra imprese straordinarie, trascritte in una lunga storia che Gibì autopromosse. Aveva tifosi ovunque. Laddove era stato aveva lasciato il segno. E’ sforzo inutile trascrivere l'infinita sfilza dei successi e dei miracoli calcistici di Fabbri. Per quelli bastano gli almanacchi e, a disposizione, c'è anche la storia del calcio, dove il suo nome è stampato tra i giganti del pallone. Preferisco scrivere di un allenatore bravissimo e di una persona per bene.  Di uno stratega e di un uomo autentico. Di uno tra gli inventori di un football bello da vedere. Uno che ha allenato una marea di squadre, uno che ha scritto una pagina nel calcio di ieri e che ha fatto il giro del mondo portando il Vicenza a un passo dallo scudetto. Il mito di Gibì è rimasto intatto fino a quando è venuto a mancare, il 2 giugno 2015 (era nato l’8 marzo 1926). Oltre a Vicenza si impose a Livorno, dove nel 1973 sfiorò la promozione in B. Ci sono voluti Cristiano Lucarelli e Roberto Donadoni per allontanare il fantasma del gioco totale. Un altro esempio. L’ultima sua avventura in panchina con la Spal si chiuse con due promozioni consecutive sulle quali nessuno avrebbe scommesso.

E il libro è una favola bella. Muove ricordi, impressioni, emozioni vere. A sentire oggi i suoi giocatori, i fedelissimi, coloro che non l’hanno mai abbandonato pare che il segreto del successo di Fabbri sia stato nella tranquillità, nella sua voglia di divertirsi e di divertire. Poche corse, pochi preparatori atletici e tanto pallone, tanto calcio. E alla domenica, tutte le domeniche, aveva ragione lui, il “Babbo dei Babbi”, come Giorgio Comaschi lo definì a Bologna, in una stagione straordinaria.

Se chiedete a Fabio Capello chi è stato il suo maestro, il tecnico più vincente d’Europa risponde, senza dubbio alcuno che Gibì Fabbri ha rappresentato tanto per lui, perché quando Don Fabio partì giovanissimo dalla Spal, Gibì per primo gli insegnò come stare in campo e come muoversi. Capì che il ragazzo avrebbe fatto strada. Nonostante fosse musone e poco incline alla socialità.

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