rotate-mobile
SportLibri

Franco Causio, il Barone bianconero

La biografia “Vincere è l’unica cosa che conta”, scritta da Italo Cucci, è uno spunto di riflessione sui valori dello sport e della vita

Forse per questo il mondo del pallone ha continuato a considerarlo uno juventino da amare: col club torinese questo ragazzo figlio del Dopoguerra (è nato nel 1949) ha giocato 447 partite, segnato 71 reti, vinto 6 scudetti, una Coppa Uefa e una Coppa Italia, dunque il suo cuore continua a battere per quei colori, oltre che per la sua bella famiglia e gli indimenticabili genitori, babbo Oronzo e mamma Anna. Riconosce in questa storia narrata di dovere tutto a loro, il cui ricordo a tratti commovente ricorre spesso. Papà portava bombole a gas nelle case col suo Ape Piaggio, la madre, casalinga, lavorava sodo in casa. Gente povera, venuta su a stenti, figlia della guerra, ma ha vissuto fino in fondo con l’orgoglio del figlio campione del mondo nel 1982. Lavoro, fatica, profondo Sud: è anche per questo che Franco si sente legato alla squadra più meridionale del Paese pur essendo una società nata sotto le Alpi. I torinesi guardano altezzosamente al Toro ma agli occhi dei tanti saliti nella nebbia a costruire il boom economico nelle fabbriche della Mole, la Juventus era il riscatto, la redenzione.

Queste cose Causio (grazie all’apporto di Cucci) le scrive apertamente: “I terroni erano grandi lavoratori e quella Juventus dai molti giocatori terroni era una grande squadra vincente, non di Torino ma di tutta l’Italia” Durante la chiacchierata aggiunse: “L’Avvocato volle il cambiamento, la sua Juventus avrebbe dovuto tornare vincente e chiamò un dirigente del valore di Italo Allodi e un presidente come Giampiero Boniperti, per il quale “Vincere è l’unica cosa che conta”, la frase che ha dato il titolo al libro”. Alla Juventus trovai gente come Helmut Haller, il trequartista tedesco, Beppe Furino e poi Morini, Bettega che rientrava dal Varese, non persone qualunque. Ma questo non mi ha impedito di ritagliarmi il mio spazio, non prima di avere giocato in prestito alla Reggiana in serie B e nel Palermo in serie A. Avevo esordito con la maglia della Juventus nel 1969 e dal 1971 rimasi in bianconero per undici stagioni consecutive”. Fu poi protagonista della storica partita a scopone dopo il Mundial vinto in Spagna, e in proposito disse: “Fu il presidente Pertini a volerla, ne aveva parlato anche il giorno prima,  perché anche lui amava quel gioco. Dopo la finale contro la Germania, ha chiesto che tornassimo a casa con il suo aereo e l’occasione è stata propizia e indimenticabile; quel mondiale fu il successo soprattutto del “Vecio”, un allenatore straordinario e sottovalutato che difendeva i suoi giocatori come pochi e aveva un’idea di calcio in cui fase difensiva e fase offensiva erano equilibrate. Anche in Argentina, pur arrivando quarti nel 1978, esprimemmo il miglior gioco del mondiale. Purtroppo non sapevamo cosa stava accadendo nel Paese con la terribile dittatura dei militari di Videla”. Rimpiange infine la signorilità dell’Avvocato e la concretezza di Giampiero Boniperti. Un bel libro, una bella storia, sana e gonfia di vita.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Franco Causio, il Barone bianconero

SportPiacenza è in caricamento