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Incognite e crisi economica: ma lo sport sa "vendersi"?

Il futuro del Copra è appeso a un filo sottilissimo: a meno di sei giorni dalla scadenza delle iscrizioni in Superlega ancora niente si muove e questo è un pessimo segnale per la società biancorossa. Il problema oltretutto è che a quel filo...

Il futuro del Copra è appeso a un filo sottilissimo: a meno di sei giorni dalla scadenza delle iscrizioni in Superlega ancora niente si muove e questo è un pessimo segnale per la società biancorossa. Il problema oltretutto è che a quel filo sottilissimo ultimamente sono appesi in troppi: della crisi economica del volley piacentino abbiamo già parlato ieri, con la rinuncia già ufficializzata di Bakery alla A2 femminile, Alsenese alla B2 e River alla Serie C, ma allargando gli orizzonti ci sono realtà ben più consolidate delle nostre che rischiano di dire addio ai rispettivi campionati. Tralasciando il caso Parma (la Serie A di calcio è un mondo totalmente a parte e il buco di bilancio creato è impensabile per qualsiasi altro sport) nell’hockey su ghiaccio è di questi giorni la rinuncia di Milano alla massima serie, con un’autoretrocessione in Serie B, e quella ancora non ufficiale ma probabile di Bolzano. E non stiamo parlando di due realtà che operano in zone degradate della penisola, ma di società che vivono nella capitale industriale e in una delle province più ricche d’Italia. Tornando al volley, basta voltarsi indietro per ricordare la chiusura di Treviso, con Benetton alle spalle, o a Roma, con Mezzaroma che rimase nel calcio ma lasciò la pallavolo. Insomma l’elenco è lungo e nella speranza che non aumenti ulteriormente inglobando nel buco nero delle chiusure anche il Copra, è fondamentale fare una riflessione.

PASSIONE - Più o meno un anno fa la società biancorossa viveva lo stesso periodo di incertezza attuale, alla ricerca di aiuti economici dopo una stagione entusiasmante, culminata con la conquista della Coppa Italia. Molinaroli bussava a tante porte, le istituzioni provavano a sondare il terreno e anche i tifosi si diedero da fare per garantire un futuro alla società. In un colloquio con un importante esponente dell’Associazione Industriali la premessa per trovare un’eventuale soluzione fu: «Bisognerebbe trovare un imprenditore appassionato di pallavolo». Era la base su cui (quasi) tutti lavoravano. Ma siamo sicuri che fosse proprio quella la strada giusta da percorrere? Se una persona conosce già il prodotto, gli piace e lo segue, non ha certo bisogno di grandi stimoli per essere convinto. Se non investe nello sport probabilmente avrà altri motivi che non sono certamente legati alla passione.

GAZPROM - Seconda piccola considerazione: parlando sempre con un altro esponente degli Industriali ricordai un episodio sottolineato dal presidente Molinaroli, quando a Piacenza arrivo con il Kazan, che affrontava i biancorossi in Champions, il vice presidente di Gazprom, sponsor della squadra russa. Tutto l’entourage si trasferì al Fidenza Village dove “saccheggiò” parecchi negozi, mentre nessun imprenditore piacentino incontrò il numero due della multinazionale. Alla mia segnalazione la risposta fu: «Noi saremmo venuti di corsa, ma nessuno ci aveva avvisato». Dimenticando che stiamo parlando di un club sportivo, non di un’azienda che come lavoro mette in contatto imprenditori creando opportunità commerciali.

VENDERSI - Però analizzando la situazione in cui versano oggi quasi tutte le discipline una domanda è d’obbligo: lo sport si sta “vendendo” nel modo giusto? Perché l’impressione è che anche chi avrebbe la possibilità economica di investire vede la sponsorizzazione come un costo, al limite come una sovvenzione, ma quasi mai come un investimento che può portare risultati almeno a livello di immagine. E’ davvero così?

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