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Volley - Il falso problema e il tempo perso

In un mercoledì nevrotico, confuso e caotico si è capita una sola cosa: il problema non è il PalaBanca. Non lo è per la Rebecchi Nordmeccanica, che aveva annunciato di lasciare la pallavolo per le mancate garanzie sull’impianto, non è per il Copra...

In un mercoledì nevrotico, confuso e caotico si è capita una sola cosa: il problema non è il PalaBanca. Non lo è per la Rebecchi Nordmeccanica, che aveva annunciato di lasciare la pallavolo per le mancate garanzie sull’impianto, non è per il Copra Elior, che aveva messo in vendita la struttura a 1 milione e 200mila euro facendo scendere di parecchio il budget necessario per la realizzazione della squadra, quantificato una settimana prima in 3-4 milioni.
Mentre il mondo del volley si interroga sull’improvviso crollo di quella che fino a un mese fa era la Primogenita della pallavolo, resta da capire il motivo di questo “depistaggio”, soprattutto in un momento in cui anche facendo tutto di corsa non è per nulla garantito che si arrivi al traguardo. Perché invece di indicare la linea retta verso l’ultimo metro si sono inserite deviazioni tortuose?

Parliamoci chiaro, è realistico pensare che per poche ore di ritardo (il sindaco aveva chiesto tempo fino a martedì sera, la proposta è arrivata mercoledì pomeriggio), si buttino al vento non solo due anni di lavoro, ma investimenti di milioni di euro che hanno permesso di creare la squadra italiana più forte delle ultime stagioni? Considerando anche che parte di questo ritardo è dovuto alla totale assenza di comunicazioni fra i vertici della squadra femminile e il proprietario dell’impianto. Non basta: la Rebecchi Nordmeccanica lunedì sera stava facendo mercato e aveva già messo sotto contratto alcune giocatrici, martedì mattina alle 10 convoca un incontro in cui annuncia l’addio al volley. Cosa è successo in una notte?
L’amministrazione viaggia a velocità ridotta rispetto a una realtà privata, situazione spiacevole ma assodata. Ma proprio per questo bisogna evitare di farla concentrare su aspetti che non siano quelli nodali.

Tutti i dirigenti e gli imprenditori che hanno creduto e investito nella pallavolo sono ormai entrati nella storia sportiva non solo locale. Molinaroli, Rebecchi, Cerciello hanno permesso ai piacentini abituati a mangiare la salamella al festival del paese di sedersi al tavolo godendo, quasi da un giorno all’altro, di piatti da ristoranti stellati. Oltretutto, cosa non da poco, di farlo pagando praticamente lo stesso prezzo. Qualcuno forse non se ne è reso ancora conto del tutto e, probabilmente, c’è anche qualche nostalgico che al ristorante con il maitre preferisce le tavolate in legno con i bicchieri di carta per arringare meglio la folla. Ma questo è un altro discorso.
Il passato ormai è scritto a caratteri cubitali, adesso però bisogna capire se si potrà parlare anche di un futuro. Quali siano i veri problemi della pallavolo piacentina si comunichino apertamente (se l’opinione pubblica può fare qualcosa), altrimenti si dicano solo a chi ha le carte in mano per provare e risolverli. Adesso che tutti hanno avuto la cassa di risonanza per esprimere il proprio disappunto è ora di cambiare rotta e di giocare a carte scoperte. Il tempo delle esternazioni è finito, ora bisogna trovare le soluzioni.

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