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De Joannon: «E' emersa la mia innocenza». De Lellis: «La sentenza parla per me. La teoria del complotto deve finire»

Dopo l’assoluzione dall’accusa di aver favorito il doping di Alberto Polo i due professionisti piacentini esprimono la loro soddisfazione. Il medico: «Non so nemmeno come si faccia a dopare un giocatore». Il preparatore: «In tanti mi avevano già condannato. Ho un grande dispiacere per Polo»

E’ stato un anno difficile per Umberto de Joannon, la scorsa stagione medico sociale della Gas Sales, e Carlos De Lellis, preparatore fisico biancorosso. Ad aprile 2021 il caso che aveva coinvolto Alberto Polo, trovato positivo a un controllo antidoping, aveva travolto anche loro, obbligandoli a una lunga odissea giudiziaria che oggi ha visto l’assoluzione di entrambi in appello, mentre il giocatore resta al momento squalificato per quattro anni in attesa di un eventuale ricorso al Tas di Losanna.

«Sono davvero soddisfatto – spiega il dottor De Joannon – e dopo questo risultato devo dire grazie a tutti, a iniziare dall’avvocato Tosini che mi ha dato una grossa mano e mi ha messo in contatto con alcuni suoi colleghi romani chiamati a seguire la mia vicenda da vicino. La decisione della giuria è nel solco di quello che è realmente successo e ha confermato la mia assoluta buona fede in tutta la vicenda. Una sentenza importante, perché rischiavo anche implicazioni penali e invece l’assoluzione mi ha cancellato almeno quell’incubo. Sono molto soddisfatto perché è emersa la mia estraneità».

Poi prosegue con una considerazione più generale. «Spiace tantissimo esserci finito in mezzo, se devo dire la verità io non so nemmeno come sia possibile dopare un giocatore. Probabilmente mi sono fidato di chi non dovevo, ma la mia posizione alla fine è stata chiarita».

Anche Carlos De Lellis accoglie ovviamente con grande favore la sentenza della Corte Nazionale di Appello Antidoping «che ha messo fine a un periodo complicato», ma vuole precisare anche i motivi del suo comportamento in questi mesi.

«Dall’infausto primo aprile 2021 a oggi – spiega – non ho mai detto una parola a nessuno di quanto stava succedendo. Il motivo è molto semplice: non potevo. C’erano delle indagini in corso da parte della Procura Nazionale Antidoping e durante tutto l’iter è vietato parlare. Nonostante tutto io non mi sono mai nascosto, non sono scappato da nessuna parte e ho continuato ad abitare e a frequentare gli stessi posti di prima. Adesso c’è una sentenza di assoluzione che mi rende finalmente giustizia e di cui sono ovviamente molto soddisfatto. A questo punto la teoria del complotto deve finire».

Non ha bisogno di domande l’ex preparatore fisico biancorosso, che prosegue: «La Corte Nazionale di Appello Antidoping mi ha scagionato totalmente, affermando che non ho commesso alcun illecito. Adesso ho una sentenza che parla per me e mi sembra il modo migliore per lasciarmi alle spalle questo brutto periodo. Chi devo ringraziare? Poche persone: mia moglie, gli amici veri e i miei avvocati Fabio Iudica, Guido Gallovich ed Elisa Cappellini che hanno definito una linea difensiva chiara e l’hanno portata avanti anche dopo la mazzata subita in primo grado. Ad un certo punto ho anche pensato di mollare, sono stati i miei legali a convincermi a proseguire perché la sentenza di primo grado era ingiusta, impossibile da accettare. L’appello infatti è andato in modo completamente diverso, abbiamo avuto la possibilità di far emergere la realtà dei fatti. Ho trovato un giudice che ha voluto approfondire la questione nel dettaglio esaminando con obiettiva attenzione ogni profilo della vicenda».

Certo che De Lellis non ha vissuto al meglio un periodo particolarmente difficile. «In tanti mi avevano già condannato, questa decisione li smentisce. E soprattutto nell’ultimo anno ho capito quali sono i veri valori umani. In tutta la mia lunga carriera professionale ho sempre agito in modo corretto e trasparente».

Adesso per lui si chiude una vicenda che lo stesso preparatore definisce «disgraziata». E spiega: «Sono più sereno, ma non posso festeggiare perché sono molto dispiaciuto per Alberto Polo, un ragazzo che non meritava questo trattamento».

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