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La faccia di Yudin al raduno e le "stelle" alle avversarie. Botti ripercorre la cavalcata della Gas Sales a un anno dalla promozione in Superlega

Dalla prima telefonata al trionfo, parla il tecnico piacentino. «Ricordo quando i dirigenti si presentarono negli spogliatoi prima di Gara2 con Brescia. Il mio futuro? Non mi accontento mai, punto sempre al massimo»

Ricorda tutto nei dettagli Massimo Botti: la prima telefonata, il giorno del raduno, le singole partite: «Devo raccontartele tutte?». Sensazioni, emozioni, timori ed entusiasmo tornano a galla quando ricorre un anno esatto dalla promozione della Gas Sales in Superlega datata 4 maggio 2019. Lui è stato il tecnico, il condottiero di quella fantastica cavalcata che in epoca di quarantena ci sembra risalga a un'era fa invece è lontana solo dodici mesi.

«La prima telefonata - spiega Botti - fu di Donato De Pascali, che al tempo stava aiutando i dirigenti pronti a costituire la società. Poi arrivò anche la chiamata di Gian Paolo Ultori mentre stavo studiando per ottenere il patentino di terzo grado da allenatore dopo aver chiuso la mia esperienza alla Canottieri Ongina. Il progetto era in fase embrionale, esisteva ancora la vecchia società e mi dissero: se dovesse andare in porto l’iniziativa ti andrebbe di darci una mano?». Poi le cose si svilupparono e al momento della costituzione societaria con la Gas Sales come capofila ed Elisabetta Curti nel ruolo di presidente entrò nel gruppo anche Zlatanov. «Perché hanno pensato a me? Sono di Piacenza, l’anno prima avevo vinto il campionato di Serie B con la Canottieri, anche se poi arrivò la rinuncia alla A2, ma avevo dimostrato sul campo che in quella categoria ci potevo stare».

Da quel momento siete entrati in una sorta di frullatore. Avete fatto il mercato in dieci giorni.

«Una squadra creata all’ultimo minuto. Normalmente non si prendono dei singoli giocatori, ma si cerca di costruire un gruppo che abbia un senso logico da un punto di vista tecnico. L’operazione non fu semplice, perché il mercato era davvero in una fase avanzatissima e noi eravamo nati dal nulla».

Però avevate Fei.

«Era la mia garanzia che avremmo potuto competere ad altissimi livelli. Io gettavo acqua sul fuoco, non volevo si generassero troppe aspettative proprio per il discorso legato a una squadra creata da zero, in cui nessuno si conosceva. Ma non possiamo negare che averlo in gruppo ci desse qualche marcia in più».

Arriva il giorno del raduno. Cosa ricordi?

«I giocatori si guardavano in faccia e si presentavano perché era davvero la prima volta che si vedevano. Ho ancora in mente l'espressione di Yudin, arrivava da Kazan e si presentò a De Biasi che gli disse: sono un centrale. Lui sgranò gli occhi: davvero? Aveva davanti un giocatore di 1.83, in Russia se non sono almeno 2.10 i centrali neanche li fanno entrare in palestra. Mi venne da ridere, ma nei giorni successivi durante gli allenamenti iniziò ad apprezzare le doti di Beppe».

Come andarono i primi esami sul campo?

«Ricordo che il vicepresidente Bongiorni mi spedì un foglio in excel in cui chiedeva di mettere le stelline vicino alle squadre per segnalarne la pericolosità. Voleva assolutamente che Piacenza chiudesse fra le prime quattro perché avrebbe garantito la permanenza in A2 anche l’anno successivo. Io volutamente non ci misi fra le favorite e questo – ride - generò un po’ di panico».

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