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Volley A1 maschile

Luca Tencati e l'oro europeo del 2005: «Una sensazione incredibile, vincere in casa fu stupendo»

Il centrale piacentino faceva parte, insieme ad Alessandro Fei, dell'ultimo gruppo azzurro capace di conquistare il titolo continentale prima di domenica scorsa. «In 15mila in un PalaEur colorato di tricolore, una cosa mai vista»

Prima di domenica scorsa era stato l’ultimo italiano a conquistare un oro europeo nel volley. Correva l’anno 2005 e a Roma l’Italia di Gian Paolo Montali trionfava nella rassegna continentale battendo l’11 settembre al tie break la Russia in un PalaEur gremito. Di quel gruppo faceva parte anche il piacentino Luca Tencati, alla sua prima avventura importante con la maglia azzurra: chiuse la finale con 7 punti, mentre Alessandro Fei fu il miglior marcatore italiano con 15 palloni messi a terra.

Adesso Luca si è allontanato (momentaneamente?) dalla pallavolo e lavora a Parma dove fa il programmatore, anche se ovviamente segue sempre da vicino le vicende dell’Italvolley.

Trovi qualche similitudine fra la squadra di De Giorgi capace di sorprendere tutti vincendo l’Europeo e la vostra formazione che sedici anni fa si colorò d’oro?

«Quello che ha battuto la Slovenia è un gruppo più giovane, ma anche il nostro arrivava da un mini ricambio. Dopo le Olimpiadi dell’anno precedente salutarono Meoni, Papi e Sartoretti, entrammo come titolari io, Cernic, Cisolla e Vermiglio, mentre Fei iniziava a giocare da opposto».

Anche in quel caso sembrava l’inizio di un ciclo.

«E’ vero, quel successo ci aveva “gasati” e in tanti avevano sostenuto che si potesse fare strada anche senza i senatori. Poi invece il Mondiale non andò bene, così come gli Europei successivi non furono all’altezza delle aspettative».

Cosa ricordi di quell’avventura?

«Fu stupenda. Vedere il PalaEur pieno, con 15mila spettatori festanti sugli spalti, fu una sensazione unica. Eravamo abituati a palasport con qualche migliaio di tifosi, quello fu veramente un momento incredibile, con l’impianto tutto colorato di tricolore. Una cosa fantastica, senza contare che per molti di noi fu la prima vittoria importante».

Vedendo in televisione il trionfo azzurro hai rivissuto un percorso già fatto di 15 anni fa?

«Partiamo da una considerazione: quando si vince vuol dire che è andato tutto bene. Questo successo ha messo in mostra un gruppo che ha rappresentato l’arma in più. A Roma anche noi avevamo una rosa solida, con l’ossatura composta da giocatori di Treviso a cui aggiungere Mastrangelo, Corsano e Cernic. Si creò un’ottima alchimia, tanto che riuscimmo a battere Serbia e Russia che a livello di singoli erano molto forti, forse anche superiori a noi».

Chiudiamo con una considerazione su Piacenza: che squadra ti sembra quella biancorossa?

«Sulla carta sicuramente valida, con giocatori molto capaci e un ambiente che mi sembra carico. Da quanto leggo l’intenzione è quella di cambiare rotta, puntando su un gioco particolare. I presupposti per fare bene ci sono tutti, in avvio tre formazioni sembrano superiori a tutte le altre ma dovranno dimostrarlo sul campo e quando parti da favorito non è mai semplice».

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