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Venerdì, 19 Aprile 2024

Bernardi e le emozioni Mondiali: «Sono tornato indietro di qualche anno, questa squadra ha aperto un ciclo». VIDEO

Il tecnico della Gas Sales Bluenergy ha vinto, fra le altre cose, anche due titoli iridati. «Vedo tante similitudini fra l'Italia attuale e quella dei miei tempi. Lavia il mio erede? Siamo tutti diversi ma è un giocatore completo, un pilastro della nazionale»

«Ho vissuto emozioni importanti, sono tornato indietro di qualche anno». Nel 1990 era stato suo l’ultimo punto che aveva sfatato il tabù Cuba regalando all’Italia il primo successo iridato. Adesso, 32 anni e un’infinità di trofei dopo, Lorenzo Bernardi vive in un altro ruolo la quarta vittoria mondiale azzurra. Posizione differente ma sensazioni sempre stupende da provare.

«Anche perché penso - racconta l'attuale allenatore della Gas Sales Bluenergy - ci siano molte similitudini fra questa nazionale e la nostra. Lo scorso anno agli Europei non erano favoriti, come non lo eravamo noi nel 1989, ai Mondiali credo che come obiettivo avessero le semifinali e invece sono riusciti a conquistare l’oro fuori casa di fronte a un pubblico straordinario come quello polacco, come successe a noi in semifinale contro il Brasile nel 1990. Sono stati bravissimi, hanno fatto qualcosa di straordinario, e come dico sempre è il “come” che fa la differenza. Ci sono riusciti con una tranquillità, una consapevolezza e una leggerezza che li ha fatti sembrare i più navigati della manifestazione».

Ieri vittoria di fronte a 12mila polacchi, voi in semifinale con il Brasile di fronte a 25mila brasiliani al Maracanazinho. Che caratteristiche servono per vincere partite simili? Tanto carattere, una grande tecnica e poi?

«Tante cose: consapevolezza nella forza della tua squadra e tranquillità, tutti aspetti che gli azzurri sono riusciti a mettere in campo non solamente ieri ma dal primo giorno in cui questa squadra si è formata. Sono situazioni che ti fanno sentire sereno anche quando le cose non vanno come vorresti. Ieri si è visto, così come negli ottavi contro Cuba e nei quarti con la Francia; l'Italia è una squadra cresciuta partita dopo partita ed è stato l’aspetto più importante che sono riusciti a mettere sul terreno di gioco. Il tutto ovviamente coadiuvato da una grande qualità e da una grande personalità».

Il collegamento fra la vostra generazione e questa è De Giorgi, passato dal campo alla panchina. Di lui cosa ci puoi dire?

«L’Italia ha vinto quattro Mondiali, lui in tre era sul terreno di gioco e uno l’ha vissuto da allenatore, penso dunque che rappresenti un fattore determinante. Il suo grande merito? In brevissimo tempo ha plasmato una squadra con le caratteristiche che voleva lui, con grande tranquillità è riuscito a far emergere il meglio da ogni giocatore e questo è il compito primario di ogni allenatore e anche il più difficile. Ci è riuscito benissimo, molto merito di queste vittorie è suo».

Qualche addetto ai lavori sostiene che Daniele Lavia per come ha giocato la manifestazione, ma nello specifico semifinali e finali, ricordi Lorenzo Bernardi. Il diretto interessato cosa ne pensa?

«I termini di paragone non mi piacciono, siamo tutti diversi uno dall’altro. Senza dubbio sono rimasto deluso perché non l'hanno premiato né come Mvp, dove se la giocava con Giannelli, né come miglior schiacciatore. Ha compiuto una crescita esponenziale, quello che mi piace molto di lui è che ha tantissimi colpi, passa senza problemi dalla diagonale forte stretta a giocare sulle mani del muro. Ma anche in battuta è bravo e questo lo rende un giocatore completo. Non a caso penso sia diventato uno dei pilastri di questa nazionale, nei momenti di difficoltà è stato lui a risolvere i problemi».

Voi eravate riusciti anche a creare alle vostre spalle un gruppo che concedeva riposo ai titolari e andava ugualmente in giro per il mondo a vincere trofei internazionali. Credi sia possibile anche con questa generazione?

«Non lo so, perché c’erano altre dinamiche e tempistiche differenti. L’allora World League si giocava in modo diverso, c’erano più trasferte ed eri impegnato ogni weekend, poi queste manifestazioni venivano utilizzate per far esperienza a chi trovava meno spazio. L’importante è che ci sia sempre un roster il più allargato possibile di giocatori in grado di portare un valore importante all’interno del gruppo. Sono dinamiche che aumentano l’efficienza della squadra, chiamata ad allenarsi a un livello più elevato».

E’ un’altra pallavolo rispetto ai tuoi tempi, è cambiato il sistema di punteggio che rende le gare più incerte. Secondo te questa squadra può aprire un ciclo come avete fatto voi?

«Io credo che l’abbia già aperto. Ha ottenuto un risultato straordinario l’anno scorso con l’Europeo, dopo neanche dodici mesi ha vinto un Mondiale e soprattutto vedo che ci sono altre nazionali a fine corsa e sono chiamate a un ricambio generazionale, come il Brasile. Senza dubbio Polonia e Francia potranno ancora avere un ruolo importante da qui al 2024, ma l’Italia fra tutte queste è la più agevolata; abbiamo una coppia di schiacciatori di 22 anni, Galassi è molto giovane, Romanò ha 25 anni, Giannelli sembra un veterano ma è giovanissimo anche lui. Credo che l’Italia abbia un futuro molto roseo».

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