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Champions -3: Piacenza, con Kazan è l'ora della vendetta

E’ sempre difficile digerire le sconfitte, soprattutto se si tratta di partite importanti. Alcune si metabolizzano dopo settimane e lunghe notti insonni, per altre ci vogliono mesi necessari alla cicatrizzazione delle ferite. Ma tutte, o quasi...

E’ sempre difficile digerire le sconfitte, soprattutto se si tratta di partite importanti. Alcune si metabolizzano dopo settimane e lunghe notti insonni, per altre ci vogliono mesi necessari alla cicatrizzazione delle ferite. Ma tutte, o quasi, prima o poi finiscono negli scatoloni in soffitta pronti a tornare alla memoria solamente quando si mostra il passato alle nuove generazioni. Piacenza di sconfitte importanti ne ha subite parecchie: finali scudetto, Coppa Cev, finali di Coppa Italia solo per limitarsi alle sfide decisive. Quelle in cui ci si gioca una stagione, migliaia di ore d’allenamento, speranze, entusiasmo e adrenalina nel giro di un pomeriggio. Tutte prima o poi sono state digerite.

LODZ - Tutte meno una: la finale di Champions League del 30 marzo 2008. Sono passati quasi sei anni dall’indimenticabile due giorni di Lodz, ma quel tie break contro il Kazan di Ball e Stanley ha ancora oggi l’effetto di un macigno sullo stomaco di chi ha a cuore i colori biancorossi. Lo è per il presidente Molinaroli, la società, i dirigenti, per chi ha vissuto in prima persona nell’ambiente incredibile del palazzetto polacco tutto in legno. Ma lo è soprattutto per i tifosi, che si divisero per raggiungere la Polonia: un giorno in pullman per chi si sorbì i 1400 chilometri che potevano portare al sogno, una nottata senza chiudere occhio per il gruppo che scelse l’aereo partendo alle 2 (non le 14, le 2) dal PalaBanca.

EFFETTO - Ad anni distanza per tutti loro ricordare quella due giorni fa ancora l’effetto che si potrebbe avere trangugiando una bottiglia intera di olio di fegato di merluzzo. Simeonov che si rompe una caviglia tre giorni prima della Final four e poi prova a giocare reggendo solo pochi scambi, la Sisley di Papi e Fei battuta in semifinale, ma soprattutto quella maledetta gara con Kazan. Maledetta per il risultato, perché in realtà Piacenza giocò probabilmente la partita più bella della propria storia pallavolistica. Per quasi tre set i russi, con Ball e Stanley perfetti, Tetyiukhin a compiere miracoli e i pennelloni Egorchev e Bogomolov tanto brutti da vedere quanto efficaci in campo, furono annientati dallo splendido meccanismo messo in campo da Lorenzetti.
I tifosi ancora snocciolano a memoria quel sestetto: Meoni, Bovolenta-Bjelica, Sergio stratosferico libero e il trio Zlatanov-Granvorka-Bravo a dividersi compiti di ricezione e attacco presentando per la prima volta all’Europa la formula con tre schiacciatori che l’anno successivo permise a Piacenza (con Marshall al posto del francese Granvorka) di vincere lo scudetto.

GEMELLATI - Tre set quasi perfetti, poi Piacenza alzò bandiera bianca dopo 2 ore e 4 minuti di spettacolo puro, con i tifosi del Belchatov schierati tutti dalla parte del Copra con cui si erano gemellati solamente il giorno prima. Non bastarono i premi individuali: Sergio miglior libero, Meoni miglior regista, Bravo miglior battitore e Zlatanov miglior realizzatore. La coppa più importante, l’unica che contava qualcosa, prese la strada della Russia.


Kazan e Piacenza si incontrarono anche l’anno successivo, i biancorossi vinsero 3-1 in casa e persero al tie break in trasferta, ma era il girone eliminatorio e non fu certo una vera rivincita. Giovedì invece al PalaBanca il Copra Elior potrebbe mettere il primo mattone di una vendetta (sportiva) da ricordare. Il secondo piano, quello che arriverà al tetto, andrà costruito la settimana successiva in casa dei russi, ma già realizzare un buon pianterreno sarebbe fondamentale. Sicuramente non servirà a dimenticare la sconfitta del 2008, ma sarebbe comunque un ottimo digestivo. In attesa di portare anche la sconfitta di Lodz in quei grandi scatoloni della soffitta che nessuno apre più.

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