Giacomo Carini ci prova fino all'ultima bracciata ma alle Olimpiadi la sua corsa si ferma in semifinale
Il piacentino nuota i 200 farfalla in 1.55.31 e non trova posto fra i primi otto chiudendo con il quindicesimo tempo. Ma per lui ci sono solamente applausi dalla trasferta di Tokyo
Dal nostro inviato a Tokyo
Ci ha creduto Giacomo Carini. Ci ha provato fino all’ultima bracciata, fino a quando ha avuto energie e probabilmente anche oltre. Nel momento in cui il piacentino tocca la piastra e guarda il tabellone il crono indica 1.55.95, sei decimi in più del record personale di 1.55.33 fatto registrare in qualificazione poche ore prima. Non basta per la finale olimpica (l’ultimo tempo utile è 1.55.31), ma è più che sufficiente per meritarsi enormi complimenti. Alla sua prima Olimpiade l’atleta della Vittorino da Feltre-Fiamme Gialle è arrivato al top della forma nonostante fosse al termine di una stagione complessa, con una qualificazione da conquistare e i campionati Europei, a cui aggiungere il Sette Colli, alle spalle. Ci credeva Giacomo e lo mostra anche in mixed zone quando si dice dispiaciuto. Uno stato d’animo che ha una sola spiegazione: Carini sa di valere il gotha di questa disciplina e ora avrà tempo per dimostrarlo ulteriormente.
Diciamo la verità, è anche sfortunato Carini, perché in questi Giochi di Tokyo il livello dei suoi 200 farfalla è mostruoso, mediamente uno dei migliori di sempre. Ci sono i fenomeni della disciplina, ma è il valore generale a impressionare, con tantissimi atleti capaci di nuotare su tempi intorno all’1.55 che a Rio de Janeiro valeva la qualificazione alla finale.
Sono le 11.35 ora giapponese quando Giacomo viene presentato a bordo vasca. Un’occhiata all’immagine della bandiera italiana che appare al suo ingresso, una alla pattuglia di atleti e tecnici presenti in tribuna e che fa sentire rumorosamente il proprio appoggio, un secondo sguardo agli spalti condito dal pollice alzato come a dire: tutto ok. Poi iniziano i riti pregara, Giacomo sembra tranquillo e pare godersi il momento nonostante una pressione enorme, si avvicina all’acqua e si schizza per prendere confidenza, poi si sistema sul blocco della seconda corsia a fianco del belga Croenen e del giapponese Honda.
La partenza è buona, il tempo di reazione praticamente identico a quello di ieri in batteria e alla prima virata il piacentino è terzo in 25.61. Regge anche al primo ritorno passando a metà gara in 54.83 che gli vale la quarta posizione. I parziali sono leggermente superiori a quelli della batteria, ma gli atleti sono tutti più o meno sulla stessa linea. Nella terza vasca Giacomo probabilmente inizia ad accusare un po' di stanchezza e all’ultima virata è sesto in 1.25.20 per poi chiudere in settima posizione con 1.55.95. Complessivamente per lui il quindicesimo tempo delle semifinali.
Le Olimpiadi di Giacomo finiscono qui: quello che alla vigilia definiva un sogno non si è avverato, ma da questa trasferta dall’altra parte del mondo il biancorosso torna con due consapevolezze. La prima: ha centrato in pieno l’impegno più importante della carriera, quello in cui avrebbe potuto farsi travolgere dal contorno di una manifestazione indescrivibile. E la seconda che ha dimostrato di potersela giocare con i grandissimi a livello mondiale. Difficile fare meglio di così.