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Ciclismo

Addio a Vittorio Adorni, che nel 1968 scalò la vetta più alta del mondo

La vittoria iridata nel ricordo di Mauro Molinaroli, che poi incontrò a Piacenza nel 1986 il campione recentemente scomparso

Mio padre tira fuori il successo di Fausto Coppi a Lugano nel 1953 e ha ragione, Adorni il 1° settembre è campione del mondo e per più di due ore si è sentito in tivù solo il suono del suo passo cadenzato e austero, calibrato e sempre più sicuro. Una fuga infinita che a distanza di 54 anni resta tra le imprese più belle nella storia del ciclismo che cancella quella di Ercole Baldini del 1958. Da quel giorno un mio desiderio fu quello di conosce Adorni, perché era persona intelligente, atleta poliedrico, uomo in grado di sostenere uno scambio di idee con giornalisti quali Sergio Zavoli, Enzo Biagi e con il vate Giòan Brera, scriba di terre padane e raffinato intenditore di ciclismo come pochi. E l’occasione arriva nella primavera del 1986, quando il Giro d’Italia fa tappa a Piacenza. La carovana era partita da Foppolo e sul Facsal la spunta Guido Bontempi da Gussago, un predestinato degli arrivi in volata che si fece valere non solo al Giro, ma anche sulle strade del Tour e nelle varie classiche europee.

Sindaco di Piacenza in quegli anni è Angelo Tansini (1985-1990), assessore allo sport, Gianni Levoni che ha voluto a tutti i costi che il giro arrivasse nella sua Piacenza. Per la circostanza il Palazzetto di via Alberici si trasforma in accogliente sala stampa e Vittorio Adorni è tra i commentatori della corsa. Ci conosciamo grazie a Sandro Pasquali, giornalista e mio diretto superiore all’Ufficio Stampa del sindaco; abbiamo modo di stare insieme, di parlare amichevolmente e di programmare una serata a Piacenza. Gli dico che è nel mio cuore da quel lontano 1968, mi risponde che occorre guardare avanti, sempre e che il suo presente sono “il Giornale” diretto da Indro Montanelli e la redazione sportiva della Rai. Ne va orgoglioso. Qualche anno più tardi sarà ospite in Fondazione allora presieduta dall’economista Giancarlo Mazzocchi, all’Auditorium Santa Margherita. Il giornalista Vito Neri fa da contraltare a Vittorio Adorni, ne esce una serata di spessore e di intrattenimento. Io sono dietro le quinte, prendo appunti, scriverò l’articolo su Libertà. In seguito ci furono altre occasioni d’incontro, Parma non è lontana da Piacenza e Adorni non abbandonò mai l’innata classe e una signorilità tutta sua.    

C’è un libro, uscito nella primavera scorsa scritto da Alessandro Freschi e che ha per titolo “Il volo dell’airone. La biografia di un grande campione” che in questi giorni profuma di attualità e per questo varrebbe la pena leggerlo, mentre per chi scrive c’è il ricordo di anni lontani, vissuti col fiatone e con tanto, tanto entusiasmo. Già, eravamo giovani, eravamo, stupidi, eravamo arroganti ma avevamo ragione. Ditelo ai ragazzi di oggi, vi risponderanno con un tweet.

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