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Martedì, 26 Settembre 2023
Serie A

Addio a Mazzone, dall'albergo rifiutato a Piacenza allo spareggio di Napoli

Ci ha lasciato uno dei più iconici tecnici italiani che in passato incrociò spesso le strade con i biancorossi

L’afa stravolge le nostre esistenze e in questi giorni post ferragostani facciamo i conti oltre che con il caldo anche con le persone che ci lasciano e che hanno significato tanto nella società italiana. Dopo la scrittrice Michela Murgia, l’altro giorno è venuto a mancare Francesco Alberoni, il sociologo pop dell’innamoramento e a meno di dodici ore di distanza il manager Roberto Colaninno e l’allenatore Carlo Mazzone. Su quest’ultimo desidero soffermarmi, aprire un piccolo album di ricordi, perché  non capita a tutti di avere una passione che stravolge la vita. E solo a pochi è consentito di trasformarla in una professione. Carlo Mazzone è stato uno di questi privilegiati. Era il decano degli allenatori coi  suoi quarant'anni di panchina e le oltre cinquecento presenze in serie A. Portò Roberto Baggio al Brescia e la moglie del presidente Gino Corioni disse al marito: “Ci voleva Mazzone per avere un calciatore decente”. Soprattutto Mazzone fece sognare negli anni Settanta la città di Ascoli quando raggiunse per la prima volta in serie A ed ebbe un rapporto speciale con il giovanissimo Francesco Totti facendolo esordire a solo 18 anni come titolare con la maglia della Roma, di cui il Sòr Carletto era tifoso sfegatato. 
A lui sono legate inoltre partite entrate nella storia e nel mistero come Perugia-Juventus, posticipata per un nubifragio e decisiva per lo scudetto del 2000, quando la Lazio superò al fotofinish la Juventus. Ha saputo tessere inoltre un’amicizia sincera con Pep Guardiola, l'allenatore del Barcellona, che poche ore prima della finale di Champions League vinta contro il Manchester United lo invitò in tribuna d’onore. Per conoscere tutti i retroscena, i segreti e le curiosità, le sconfitte e le vittorie del calcio italiano e dei suoi protagonisti raccontati in prima persona attraverso questo allenatore, c’è un bel libro di Marco Franzelli dal titolo “Una vita in campo” (Baldini+Castoldi), ma per ricordare alcune prerogative di quest’uomo ci sono mille aneddoti, di due fu protagonista chi scrive.

I biancorossi erano in serie A e Mazzone allenava in quegli anni il Brescia di Roberto Baggio, si giocava di sera e prima della partita quando la squadra arrivò al campo, scese del pullman insieme ai suoi ragazzi e cominciò a urlare apparentemente senza motivo. La squadra era collocata in un albergo cittadino, Mazzone era meticolosissimo in tutto, anche nella scelta del cibo e nel visionare le cucine e le camere dove avrebbe dormito la squadra. Prima della partita (credo fossimo pochi giornalisti ad assistere) ebbe uno scatto dei suoi, minacciò di non mandare in campo i ragazzi perché a suo dire l’albergo non ottemperava ai requisiti necessari. Temeva un tranello da parte dei cuochi oppure che fosse collocato troppo in centro per avere la necessaria tranquillità? Di questo non so dire, so soltanto che in mezzora venne trovato un nuovo albergo, non in centro ma a qualche chilometro da Piacenza.

E ancora ricordo lo spareggio a Napoli quando allenava il Cagliari che partiva nettamente favorito rispetto ai biancorossi allenati quell’anno da Bortolo Mutti. Il Piacenza vinse 3 a 1 e rimase in serie A, i sardi retrocessero in B. Al termine della gara gli strappai una domanda, rispose senza tentennamenti: “Se questo spareggio fosse stato giocato a Roma come avrebbe dovuto, non saremmo retrocessi. Il resto sono chiacchiere”. E se ne andò senza aggiungere altro. Addio mister.

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