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Verso Piacenza-Cremonese: la settimana tipo del tifoso prima di un derby. VIDEO

«Preferisco riempire i polmoni di quell'aria che tira soltanto due volte all'anno. E che solo un derby può regalare»

Mai avrei pensato di potermi accendere una sigaretta. Eppure ci sono quelle serate in cui la tensione può giocare davvero brutti scherzi. Serate di metà settimana spese ad aspettare domenica.
La domenica del derby.
Provo a resistere al richiamo di quel pacchetto di MS rimasto sulla mensola della cucina: ci sarebbe anche l’accendino pronto all’uso. Tengo duro. Domenica non può essere così lontana nonostante il calendario – impassibile come un arbitro che fischia rigore – sostenga che sia ancora giovedì. Tre giorni e più di attesa, settantadue ore da trascorrere con un pensiero fisso che fa passare tutto in secondo piano.

Le bionde mi chiamano  ancora ma mi volto dall’altra parte.
Non gli concedo attenzioni, tiro dritto per la mia strada verso la scrivania. Mi butto su YouTube. Profumo di anni Novanta traspare da pixel di annata. Quando De Vitis gonfiava la rete ed i tubi Innocenti della Nord tremavano sotto la bolgia biancorossa. Se vent’anni sembrano essere passati così in fretta perché domenica non arriva mai?
Ci vorrebbe proprio un Borghettino. Svitare il tappo rosso per bersi un sorso di liquore e riscaldare l’atmosfera che nel cuore di un tifoso è già bollente. Alla faccia della nebbia e di quell’umidità che ti entra nelle ossa. Con buona pace di chi non conosce l’importanza di quei novanta minuti più recupero.
“Sono tre punti come altri”. No, non li sono. Non li sono affatto.

Cremonese-Piacenza 25/09/2016

Ci vorrebbe un Borghettino ma il bar dello stadio è chiuso. I riflettori spenti. Una Guinness però ci può stare tutta: basta un messaggio sul primo gruppo WhatsApp a portata di dita, qualcuno c’è sempre per farsi una birra. E magari parlare di quel derby di fine settembre. Della doppietta di Taugourdeau. Del “loro” essere favoriti, di un Piace deciso a sovvertire il pronostico e lasciare un grosso dispiacere oltre le rive del Po.
È ora di tornare a casa. Cammino per la strada con qualche macchina che sfila poco più in là. Le vie della mia città. Della mia squadra. Per un attimo penso ad altro mentre sistemo la sveglia e lancio la maglia stropicciata sulla sedia. Carezzo quella sigaretta che ancora una volta mi fa un occhiolino. Mai avrei pensato di poterla accendere quella paglia che infatti resta spenta.
Preferisco godermela tutta quella dannata tensione. Come una pinta di Guinness o un sorso di Borghetti.
Preferisco riempire i polmoni di quell’aria che tira soltanto due volte all’anno. E che solo un derby può regalare.

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