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Sparuta Presenza: «Crediamo in questa società»

«Si resiste avendo intorno un gruppo di amici che per niente al mondo ti lasciano solo sia allo stadio sia nella vita: quando c’è questo per un gruppo ultras c’è tutto». A parlare così è la Sparuta Presenza, storico gruppo ultras della Curva Nord...

«Si resiste avendo intorno un gruppo di amici che per niente al mondo ti lasciano solo sia allo stadio sia nella vita: quando c’è questo per un gruppo ultras c’è tutto». A parlare così è la Sparuta Presenza, storico gruppo ultras della Curva Nord Piacenza che proprio domani, nell'equinozio di Primavera, compie la bellezza di 21 anni. Tutti passati al seguito del Piacenza, da nord a sud, da San Siro a Borgomanero, dall'Olimpico a Salsomaggiore, dalla Serie A alla Serie B per arrivare alle ultime due stagioni in Eccellenza prima e in Serie D poi. «Per noi la categoria conta relativamente, importa solo la maglia». Gruppo che ha scritto la storia del tifo piacentino, per certi versi solitario, elitario e coerente con la propria mentalità «è sempre stato il nostro pregio ma, allo stesso tempo, anche un difetto», ci ha concesso questa intervista a quasi due anni dal nostro ultimo incontro, nel luglio del 2012, quando il Piacenza era appena fallito e si tentava di ricostruire un nuovo progetto grazie all'impegno dei fratelli Gatti. Non amano i riflettori, tanto che anche nelle ultime vicende - quando una parte della tifoseria ha chiesto al presidente di mollare il club - non hanno preso posizione, tuttavia la loro idea è cristallina. «I fratelli Gatti si sono fatti carico di una missione importante e per questo motivo sosteniamo il loro progetto. Il regalo più bello? Tornare nei professionisti dopo tre anni, come ci era stato promesso». Anche questa volta della Sparuta Presenza non parla un addetto, ma tutti gli amici che compongono questo gruppo. Spigolosi? Sì. Sprezzanti? Ovvio. Goliardici? Soprattutto. Coerenti? «Nel bene e nel male» dicono loro.

Sparuta Presenza, ti senti vecchia?
«No, diciamo che siamo più maturi».

Come si resiste 21 anni al fianco di una squadra di calcio?
«I colori biancorossi sono il nostro primo amore e non ci stancheremo mai di questo».

E come si resiste 21 anni nel mondo ultras?
«Si resiste avendo intorno un gruppo di amici che per niente al mondo ti lasciano solo sia allo stadio sia nella vita: quando c’è questo per un gruppo ultras c’è tutto. E' comunque sempre più difficile. Ci stanno imponendo un calcio diverso, è un pallone gonfiato di soldi e interessi commerciali dove il tifoso è visto solo come un bancomat. Sopravviviamo tra tessere del tifoso, Daspo ridicoli, trasferte vietate per motivazioni cervellotiche e giocatori venduti. Non è facile ma il Piacenza Calcio è nel nostro cuore e finché esisterà noi saremo al suo fianco».

Il vostro segreto?
«Essere sempre noi stessi nel bene e nel male. I cori goliardici, l'essere sempre presenti alle trasferte (Daspo e tessera del tifoso permettendo), la voglia di confrontarsi con le tifoserie rivali sono gli elementi che ci hanno sempre contraddistinto da vent'anni a questa parte».

Avete attraversato due decenni, anni '90 e primi anni del 2000. Alcuni di voi c'erano già negli anni '80. Com'è cambiato il mondo ultras?
«Ora il movimento ultras è cambiato e ci sono nuove generazioni che ne fanno parte, certo noi abbiamo ancora i valori di una volta, quelli che certi “vecchi” ci hanno donato, ora come ora i giovani vivono lo stadio in un altro modo ma quello che veramente fa più male è vedere poca amicizia e poco spirito di gruppo».

Storia recente: con che spirito siete scesi dai principali stadi italiani all'Eccellenza prima e alla Serie D oggi?
«Con lo spirito di sempre: tanto entusiasmo e tanta voglia di tifare Piacenza Calcio 1919. Per noi la categoria non è un problema, ci saremo sempre non importa se Eccellenza o Serie A. Mettiamola sul ridere: a livello personale la serie A l'abbiamo già vissuta mentre l'Eccellenza e la Serie D ci mancavano».

Un giudizio sulla stagione del Piacenza?
«Sicuramente al di sotto delle aspettative. Però dobbiamo considerare che in fin dei conti siamo una neopromossa, la società è molto giovane e sta crescendo a tempo di record. Sono stati indubbiamente commessi degli errori ma siamo sicuri che la dirigenza ne farà tesoro per ripartire di slancio e regalare a tutti i tifosi biancorossi le soddisfazioni che meritano».

Una parte della tifoseria ha chiesto ai fratelli Gatti di mollare il Piacenza a fine stagione. Il presidente per provocazione aveva in un primo momento accettato, ma si era capito fin da subito che era più che altro un sondaggio di Marco Gatti per capire se la città era ancora con lui. Voi non vi siete espressi pubblicamente su questa vicenda, ma siete il gruppo trainante della Nord. Cosa ne pensate?
«Noi crediamo in questo progetto, abbiamo due presidenti che hanno riportato il calcio a Piacenza e per questo li ringraziamo: è bene ricordare che dopo il fallimento non avevamo né una società né una squadra di calcio. I fratelli Gatti si sono fatti carico di una missione importante, che sicuramente darà i suoi frutti, dobbiamo avere un po’ di pazienza e l’importante è che alla domenica le maglie del Piacenza Calcio scendano in campo, indipendentemente dalla categoria».

Come ha vissuto la Curva le sette diffide arrivate quest'anno dopo il blitz negli spogliatoi per Piacenza-Caravaggio, momento in cui non è successo nulla di particolare ma che la Curva ha pagato a caro prezzo?
«Le viviamo come al solito. Ce le mettiamo in tasca e andiamo avanti come abbiamo sempre fatto. Soffriamo come matti a restare fuori e ancora di più quando vediamo che chi può andare diserta lo stadio preferendo il gelato a Rivergaro piuttosto che il centro commerciale. Speriamo che queste diffide non abbiano ripercussioni sul tifo e sulla presenza dei tifosi al seguito della squadra. Invitiamo tutti a non mollare ed essere sempre presenti ovunque giocherà il nostro Piace».

Come sta il movimento ultras a Piacenza?
«Diciamo né bene né male. L'ondata di entusiasmo vissuta l'anno scorso si sta lentamente spegnendo, dobbiamo continuare sulla strada tracciata l'anno scorso. Quest'anno la scelta di posizionarci nei distinti, troppo grandi e dispersivi per quella che è la nostra dimensione attuale, ha indubbiamente penalizzato il tifo: era meglio rimanere in Tribuna. Non dimenticheremo sicuramente il bel colpo d'occhio di pubblico nei due pseudo-derby col Pro Piacenza, numeri e tifo da serie B».

A Piacenza se dici Sparuta Presenza si pensa, genericamente, a un gruppo "elitario". Lo siete, non lo siete o dipende?
«Dipende cosa intendi per "elitario". Sicuramente siamo sempre stati un gruppo chiuso formato da poche persone che condividono tutti gli stessi ideali. Forse questo è stato sempre il nostro pregio ma allo stesso modo anche un difetto perché probabilmente il nostro atteggiamento non ha magari permesso alle nuove leve di aggregarsi».

Si fa sempre più fatica col famoso ricambio generazionale?
«Indubbiamente sì. A Piacenza a parte i gruppi "Viale Dante" e "Piacenza Football Fans" composti da ragazzi relativamente giovani, c'è il deserto. I giovani oggi preferiscono altre forme di divertimento. Fa più figo sfrecciare sulla Statale 45 oppure la gita fuoriporta con la fidanzata al seguito; per non parlare della pallavolo che sembra sia diventata la nuova moda dello "sportivo" piacentino. Ovviamente finché le due squadre continueranno a vincere perché, come al solito, ai primi momenti di difficoltà i piacentini spariranno per andare a seguire lo sport vincente del momento. Era così ai tempi della serie A, è così oggi con la pallavolo e sarà così domani con chissà cosa».

Voi avete appoggiato fin da subito il progetto dei fratelli Gatti, visto che oggi è il vostro compleanno volete chiedere un regalo al presidente?
«Di proseguire nel progetto iniziato due anni fa e di portarci in Lega Pro nei famosi tre anni. Questa sarebbe una bellissima soddisfazione».

I milanisti entrano negli spogliatoi dopo Milan-Parma e non succede nulla, alla Curva Nord Piacenza arrivano le diffide. Ci sono due pesi e due misure anche nel vostro mondo?
«Direi proprio di sì. Questo è solo un esempio ma esistono centinaia di casi di ingiustizie e soprusi. Con questo ci assumiamo le nostre colpe, come abbiamo sempre fatto, ma in questo caso due anni di Daspo per essere entrati negli spogliatoi a parlare con la squadra ci sembra veramente uno sproposito, evidentemente non siamo simpatici a qualcuno».

Mai pensato di mollare?
«No, dobbiamo però cambiare modo di viverla, lo sappiamo è dura e fino ad oggi siamo sempre stati in prima linea ma forse è venuto il momento di essere più riflessivi. Ovviamente sono le solite frasi retoriche».

Come festeggiate il compleanno?
«Venerdì sera al Bar Il Covo (via Leonardo Da Vinci, ndr) ci sarà una festa a partire dalle ore 20: sono invitati tutti i tifosi biancorossi».

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