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Piacenza - Di Battista traccia il primo bilancio. «Ci serve solo poter lavorare con continuità e serenità»

Il direttore dell'area tecnica. «Quella della rosa di 30 giocatori è una critica che mi muovono anche all'interno della società, il motivo lo vedete tutti i giorni. Squadra giovane? E' il mandato che ho ricevuto a luglio. Ora chiudiamo l'andata con 20 punti»

Molte società hanno “giocato” col bonus del rinvio, il Piacenza no. Non era forse meglio giocarsi in una situazione di emergenza la partita col Novara e rinviare quella decisiva contro la Giana piuttosto che fare il contrario?
«Sinceramente a me non piacciono questi giochi e nemmeno i calcoli: con quella rinvio con quell’altra no. Contro il Novara eravamo in un’emergenza critica: Vettorel e Stucchi erano infortunati, i tre portieri della Berretti erano positivi. La malizia non mi piace e non sono pentito della scelta che ho fatto».

Trenta giocatori in rosa non sono troppi? Ok la stagione particolare, ma ridurre gli effettivi per avere più budget a disposizione non era una scelta migliore? In fondo con 4-5 giocatori in meno ci sarebbe stato più margine per ingaggiare profili di un spessore diverso.
«Questa è una critica che mi muovono spesso sia all’esterno sia all’interno della società. Qualcuno mi ha fatto notare questa cosa, ma non sono d’accordo. Sapevo che poteva essere una stagione particolare, con tutta una serie di positivi che prima o poi sarebbero arrivati, quindi ho scelto una rosa numericamente ampia. Inoltre c’è il discorso dei giovani: molti sono delle scommesse, perciò ho preferito aumentare il numero dei giocatori per diluire il rischio di errori. Non azzecchi venti giocatori su venti, nessuno ci riesce».

Inoltre?
«A luglio mi è stato prospettato un progetto, quello di fare una squadra “diversa” con giocatori “diversi” e con un certo imprinting. Proporre gioco e farlo attraverso i giovani, non quello di farlo attraverso altri tipi di calciatori. Da qui le scelte che ho fatto».

Calciomercato?
«Stiamo facendo delle riflessioni, ma non abbiamo ancora pensato a qualcosa in particolare perché non sarebbe corretto. Alcuni giocatori non hanno potuto esprimere tutto il loro potenziale. Prendiamo Heatley ad esempio, secondo me ha fatto una gran partita lunedì e lo stesso devo dire per Siani. Mi prendo fino alla domenica contro l’Albinoleffe prima di formulare un pensiero, esprimere un giudizio prima di quel tempo sarebbe poco obiettivo. Ci sono giocatori che si sono allenati due settimane, poi si sono fermati, poi hanno ripreso e infine si sono ancora fermati. E c’è il discorso dei giovani da tenere in considerazione quando parliamo di mercato: ora giochiamo con quattro under per necessità di quarantena, ma quando torneranno tutti a disposizione ne dovremo schierare cinque come da programma societario».

Piacenza da?
«Parte destra della classifica. Mettiamoci in testa che l’unico obiettivo è la salvezza e per questo lotteremo fino alla fine. Detto ciò, ho grande fiducia nelle qualità di questa squadra e sono convinto che non meritiamo assolutamente la posizione attuale».

Il presidente Pighu però aveva parlato pubblicamente di “salvezza scontata” puntando addirittura ai playoff.
«Non eravamo da playoff dopo le belle prestazioni di ottobre e non siamo da Serie D dopo la sconfitta contro la Giana. Siamo una squadra che deve lottare per salvarsi, se poi arriverà qualcosa in più, bene, ma ora dobbiamo pensare solamente alla corsa salvezza. Punto e stop».

A volte sembra che questa squadra non sappia fare di necessità virtù.
«Per come siamo costruiti non possiamo far altro che giocare ogni partita e proporre calcio, se pensiamo solamente a difenderci va a finire che perdiamo. Adesso ci sono alcune gare che rappresenteranno un momento chiave del nostro percorso e non possiamo sbagliarle, penso alle partite contro Lucchese e Pergo, ma anche a altre».

Obiettivo a breve termine?
«Chiudere il girone di andata con 20-22 punti».

A cosa si è aggrappato nel momento peggiore della sua quarantena? E stato anche ricoverato.
«C’è stato un momento difficilissimo quando mi hanno portato in Ospedale e lì mi sono aggrappato ad alcune certezze. In alcuni momenti pensavo alla squadra anche dal letto dell’ospedale, in altri mi sono dedicato alla lettura. “La Partita”, il romanzo scritto su Italia-Brasile del 1982. A quel tempo avevo solo un anno e mio padre mi ha sempre raccontato di aver visto la partita da solo con me in una stanza, con lui ho un rapporto forte e quindi a quel romanzo mi sono dedicato. E poi ai libri di Simenon che lo ami o lo odi, non hai alternative. Io lo amo».

Vuoi dirci qualcosa?
«Lasciami lo spazio per ringraziare i tifosi del Piacenza, alcuni di loro mi sono stati davvero vicino in quel periodo in Ospedale con telefonate e messaggi, compresi voi».

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