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Piacenza - Andrea Dossena: «Ora non dobbiamo peccare di presunzione»

L'ex Napoli e Liverpool ha esordito, giocando una manciata di minuti, ad Olbia: «Stavamo soffrendo dopo il loro gol, così il mister mi ha chiamato in causa per provare ad arginare la loro aggressività. La Pistoiese? Non dobbiamo peccare di presunzione dopo le belle prove contro Cremonese e in Sardegna»

La maglia Azzurra, tanta serie A con Treviso, Udinese, Napoli e Palermo. La Premier al Liverpool e al Sunderland. La Champions sempre con Liverpool e Napoli. Quali sono le motivazioni adesso in Lega Pro?

«Questo lavoro è stato parte della mia vita da quando, a 14 anni, me ne sono andato di casa per inseguire un sogno. Avevo voglio di riassaggiare certe emozioni, lo spogliatoio, le partite. Ora lo faccio in un contesto diverso ma molte sensazioni sono le stesse. Dopo la firma sul contratto ho ricevuto messaggi da ex compagni che hanno fatto una carriera anche migliore della mia. Dicevano così: “Grande Dosse, quello è amore per il calcio”».

Ci parli di Steven Gerrard, che tipo è?

«E’ un leader carismatico, ma silenzioso. Solo con la sua presenza e l’impegno che ci metteva riusciva a trascinare tutti. Poi in campo era un giocatore universale, poteva giocare in qualsiasi ruolo. Lui è come Totti per la Roma, poteva andare a giocare altrove ma ha scelto di restare al Liverpool. In più è riuscito a sollevare la Champions League. Ecco, Totti ha vinto lo scudetto con la Roma ma non la Champions, mentre Gerrard la Champions ma non la Premier. Differiscono in questo, ma sono paragonabili».

Perché la Premier è meglio della serie A?

«La vera differenza sta nelle strutture. Stadi accoglienti e per questo sempre pieni. Tutto funziona, non ci sono casini. Immagina poi un manto erboso perfetto, senza una zolla fuori posto: questo fa velocizzare il gioco e ne beneficia lo spettacolo, non mi vengano a dire che in Italia c'è un clima peggiore dell'Inghilterra. Poi tutto è organizzato meglio. Basti pensare alla FA Cup, lì il sorteggio è libero: può capitare che una squadra delle serie inferiori, con un sorteggio favorevole, arrivi molto avanti nella competizione. Per esempio, se il Piacenza arrivasse a giocarsi i Quarti di Coppa Italia, non lo riempirebbe lo stadio? Per me sì. Inoltre in Premier la classifica, a parità di punti, premia la differenza reti: questo porta le squadre a cercare di segnare più gol possibile».

Non sono i maggiori investimenti ad aver ampliato il gap tecnico?

«I soldi vengono dopo, è l’organizzazione del contorno che fa la differenza. Per il resto, il livello è simile. L’ultima squadra inglese ad aver vinto la Champions è il Chelsea nel 2012, non si può dire che stiano dominando».

Altre differenze?

«In Inghilterra si usciva di casa in macchina per essere allo stadio due ore prima della partita. In Italia, invece, se perdi e non hai fatto il ritiro sembra che hai perso per quello. In realtà non cambia proprio niente. Vivono il calcio in modo diverso. Noi siamo più professionali, molto più attenti all’aspetto tattico. Questo è un bene, a volte, ma forse dovremmo prendere spunto da loro per certe cose».

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