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«Per me marcare gente come Del Piero, Baggio o Ronaldo era una sfida personale». Cleto Polonia racconta il suo Piacenza

Bandiera biancorossa, dove ha giocato per 7 stagioni collezionando 188 partite, ha formato insieme a Lucci e Maccoppi un reparto difensivo eccellente. «Si viveva in battaglia per 9 mesi. Mino leggeva le azioni, io e Bobo eravamo sugli attaccanti con marcature feroci. Ho sempre amato l’intensità». Cletomania

datei_s-6C’è un giocatore che è sempre ricordato nelle parole degli ex compagni, Cleto Polonia. Quasi fosse un rituale tutti ci indicano lui come uno «dei migliori marcatori mai visti» nei ruggenti anni ’90. E non potrebbe essere diversamente, a Piacenza è amato alla follia. Allo stadio c’era perfino uno striscione dedicato a lui: “Cletomania”. Tanto per intenderci fin da subito.
Ci risponde al telefono puntualissimo alle 21 di sera, d’altronde è friulano come Giorgio Papais e in quella zona d’Italia la parola data ha un valore particolarmente speciale. «No no ehi, io e Papais siamo friulani ma non centriamo nulla l’uno con l’altro» ci dice simpaticamente scoppiando a ridere. «Lui è nato vicino al confine col Veneto, io sono carnico, sono un montanaro».
Sì, in effetti ce l’aveva detto Giorgio di non commettere questo errore. Da Van Basten a Boksic, da Batistuta a Ronaldo. Cleto Polonia si è marcato il meglio del calcio mondiale in 188 partite con la maglia biancorossa. Un totem della nostra storia.
Quando iniziammo a giocare a pallone il nostro allenatore ci disse “oh, lo vedi il 9? Ecco seguilo fino in bagno”. Parlava per metafore. Cleto questa parte non l’ha mai presa in considerazione, lui era uno di quelli che ti seguiva davvero fin fuori dallo stadio. Senza respiro. «Mi piacevano le marcature feroci. Devi capire che per me erano tutte sfide personali. Del Piero? Con me il pallone non l’ha mai visto». Essenziale, pratico, forte, sincero. Soprattutto, simpatico.
 
Ci piace raccontare i friulani, l’abbiamo già fatto con Papais.
«No no ehi, io e Papais siamo friulani ma non centriamo nulla l’uno con l’altro. Lui è sul confine col Veneto, io sono carnico, sono un montanaro. Stessa regione, considerevoli diversità».
In effetti ci aveva avvisato di questa cosa.

Spiegaci, tanto abbiamo tempo.
«E’ principalmente una questione storica e di riflesso culturale. Siamo diversi. Ci sono quelli hanno subito l’influenza della regione veneta, ci sono i friulani “di città”, i giuliani e poi ci sono io, carnico, in buona sostanza uno di montagna».

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Un esempio?
«Noi spesso e volentieri siamo stati oggetti di scherno, di prese in giro da parte di quelli di città. Oggi sono considerazione che lasciano il tempo che trovano ma fino alla metà degli anni ’80 era una questione molto più seria. Io arrivai nella Triestina nel 1984, presi davvero degli insulti all’inizio perché per loro ero un “montanaro”. Un carnico nella loro squadra non si era mai visto. E’ un po’ come da voi, quelli di Piacenza e quelli di Bobbio sono diversi per mentalità, due mondi differenti»

Noi, già. Stiamo male, hai visto?
«Certo che ho visto, leggo sui giornali online piacentini ogni singolo giorno e mi si spezza il cuore pensare a quello che state passando. Però, ti dirò, voi piacentini siete gente tosta come noi. Sono sicuro che vi rialzerete da questo dramma».

Dici che c’è questa similitudine tra i due popoli?
«Certamente. Noi siamo un popolo abituato a faticare, tutti quanti, come voi. Noi soffriamo e lottiamo perché la nostra storia ha detto questo. Io nella mia vita ho sempre recepito questi valori e li ho trasportati sul campo. Ti sto parlando da Gemona, oggi corre l’anniversario del terremoto del 1976 e da quello ci siamo rialzati. Ce la farete anche voi».

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