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Maradona, le magie di Zico e quel gol al Modena. Antonio Carannante: «Abbraccio Piacenza, la mia seconda casa»

Napoletano doc, ha vinto Scudetto e Coppa Uefa con i partenopei ma in biancorosso ha lasciato un ricordo meraviglioso. «La città sembrava fredda, poi scoppiò l'amore dei tifosi. I biancorossi sono la mia seconda squadra del cuore». I migliori anni

Ha citato Alemao, ci interessa un giudizio su questo centrocampista un po’ atipico per essere un brasiliano.
«Giocatore davvero straordinario con un senso tattico eccellente, fu impostato davanti alla difesa e quella fu una gran mossa. Sinceramente non avevo mai visto un brasiliano correre così tanto».

E insieme a lui c’era anche Careca: è considerato uno degli attaccanti più forti di quel periodo.
«Sì senza dubbio per me i più forti erano Careca e Van Basten. Ricordati che se non ci fosse stato Diego il “Maradona” di Napoli sarebbe stato senza dubbio Careca. Tecnica e senso del gol».

Ma…?
«Ma in quel Napoli c’era molto altro. Chiaro, Maradona era il centro del mondo, però c’era Bagni ad esempio, un giocatore fondamentale per il carattere perché nei momenti di difficoltà ti attacchi a quelli come lui, che hanno personalità di grande spessore. C’era Giordano, altro attaccante superlativo. La batteria offensiva di quel Napoli, a metterla in fila, fa venire i brividi. Altroché gli attaccanti di oggi».

E poi c’era lui, Diego.
«Qui dovremmo aprire un libro. Te lo dico semplicemente: se Maradona decideva di vincere lo faceva, punto. Ce lo disse al Mondiale ’86 e lo fece. Anche quando non stava bene faceva sempre e comunque la differenza, per me rimane il più grande. A volte mi chiedevano come si faceva a fermarlo, io ho sempre risposto che contro Diego dovevi semplicemente limitare i danni. Accadde nel 1989, io ero passato al Lecce e me lo chiese Giacomo Ferri, lo guardai sorridendo e gli risposi “limita i danni”. Pensa che agli allenamenti c’erano costantemente 8 o 9 mila persona. Venivano tutti per vedere lui».

Si arriva così alla finale di Coppa Uefa. Gara di ritorno, Stoccarda, 17 maggio 1989. Prima del fischio d’inizio capiamo cos’è il calcio?
«E’ la famosa partita del riscaldamento di Diego, una cosa mai vista. Devi sapere che generalmente il riscaldamento veniva fatto sempre dentro allo stadio, quella volta ci fecero uscire. Diego prese il pallone e iniziò un palleggio solitario che è diventato storia mentre gli altoparlanti passavano “Live is life”. Mi ricordo che lo stadio intero era affascinato da quel momento, guardavano tutti solamente lui. E lo guardavano anche i nostri avversari e probabilmente, in quel momento, capirono che non avrebbero vinto. Maradona era così, lui ci teneva molto a far divertire la gente».

i migliori anni Carannante 3-2

Tra l’altro in quella Coppa Uefa del 1989 il Napoli superò anche la Juventus nei Quarti di finale.
«Eh eh eh - sorride Tonino - che magnifica serata. All’andata 2-0 per loro a Torino, al ritorno San Paolo pieno: prima segna Diego, poi Carnevale e infine, al 119’ del secondo tempo supplementare, Renica infila il 3-0 e ci lancia in semifinale. Ricordati però che in quel gruppo c’era un altro grande campione, parlo del tecnico Ottavio Bianchi».

Spiegaci.
«Bianchi per me era il miglior mister nella gestione della gara soprattutto contro le piccole. Da allenatore conosceva bene Napoli perché ci aveva giocato e aveva intuito dove era necessario lavorare, cioè preparare le partite contro le “piccole” e in questo ha fatto la differenza. In questo era davvero molto bravo».

Compagni di squadra?
«Mio grande amico è Ciro Ferrara, a Piacenza spesso stavo in stanza con Bobo Maccoppi. Però il più forte con cui ho giocato ovviamente rimane Maradona, non potrei dare una risposta diversa».

E un avversario che ti mandava in difficoltà?
«Ricordo che una volta, Walter Bianchi, terzino del Milan, mi rese tutto tremendamente difficile in una partita perché giocava sempre di prima».

L’idolo?
«Il mio giocatore preferito era Antognoni».

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