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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Piacenza Calcio

Il Genio, la “scuola De Vitis” e la pista delle macchinine. L’avventura di Massimo Brioschi a Piacenza: «Cosenza è solo il titolo della storia»

I “Migliori Anni del Piace”. Il Brio: «Se vai in guerra ti porti Casiraghi. San Siro nel ’94 fu una farsa ma quell’ingiustizia ci rese invincibili nella stagione successiva. I più forti? Savicevic e Totò».

E il tuo amico Casiraghi?
«Se dovevi andare in guerra prendevi su lui, senza dubbio. Un gladiatore. Una volta prima di vedere un cartellino giallo dovevi darle via seriamente, lui già nelle giovanili al Monza prendeva botte per tutta la partita e non diceva nulla anzi, più gliele davano più si gasava. Ti avvicinavi per litigare con il suo marcatore e Gigi se n’era già andato. Peccato davvero che abbia chiuso così presto la carriera a causa di un bruttissimo infortunio».

C’è un giocatore che ti ha fatto davvero ammattire?
«Serie B, col Piacenza andiamo a Verona. Io gioco a sinistra e ho 23 anni, su quella fascia mi ritrovo Pierino Fanna che di anni ne avrà avuti 152 ma ti giuro che mi fatto impazzire. Dopo pochi minuti sento Cagni che mi urla “ehi Brio vattene via, vattene a destra ma non giocare più lì”. Mi tirò una “bambola” epica, davvero mi asfaltò».

Il più forte che hai visto giocare sul campo?
«Il Genio, Dejan Savicevic. Quando sterzava non capivi più dov’erano lui e il pallone. E ha sempre giocato con dei problemi fisici, non era mai al massimo del suo potenziale».

Piacenza-Foggia 5-4 è La Mecca del nostro calcio?
«Che roba. Allora quella è una partita che va declinata in due modi. Da una parte fu il top mostrato da Gigi Cagni, preparammo la partita in modo maniacale tutta la settimana scendendo in profondità in ogni minimo dettaglio. Dall’altra parte poteva sembrare una disfatta perché le squadre di Gigi Cagni non prendevano mai quattro gol e quella volta, sebbene si vinse, li prendemmo. Dipende come la vuoi vedere».

La partita dal valore particolare per Brioschi?
«Ce ne sono tante. Ricordo volentieri le finali di Coppa Italia vinte con il Monza in Serie C. Ovviamente Cosenza e poi quando segnai il mio unico gol in A, a Lecce. Cross del Turro e centrai un movimento che avevamo provato centinaia di volte».

Migliori Anni De Vitis-3

Ma Polonia menava davvero così tanto?
«Diciamo che sono perfettamente d’accordo nel dire che Cleto, tra noi, era quello che ci dava dentro di più. Però aggiungo tre cose».

Prego.
«Primo: Cleto era un professionista enorme per la serietà con cui lavorava. Secondo: gran giocatore perché marcava i migliori centravanti degli anni ’90. Terzo: sì, menava, come tutti del resto».

I più forti con cui hai giocato?
«Te ne dico due. Giovanni Stroppa al Monza, potenzialmente un fuoriclasse assoluto. E poi dico Totò De Vitis senza ombra di dubbio».

Ci hanno detto che Pippo Inzaghi fu bravo a imparare da lui il taglio sul primo palo. Confermi?
«Assolutamente sì. Diciamo che Pippo aveva delle qualità eccellenti e sarebbe comunque sbocciato però è stato molto bravo a recepire e imparare i movimenti di quella che io chiamo la “scuola De Vitis”».

Bella questa, scuola De Vitis ce l’appuntiamo. Quella squadra di B era fantascienza?
«Anche qui va fatto un ragionamento che sconfina oltre al semplice gioco del pallone. La squadra che rivinse la Serie B nel 1994/1995 era senza dubbio fortissima ma vinse per un altro motivo. Cioè il fatto che aveva subito qualche mese prima una profonda ingiustizia a San Siro, con la retrocessione di cui abbiamo parlato. Quel fatto compattò lo spogliatoio: abbiamo fatto un anno intero di B con il paraocchi come i cavalli da corsa. Per noi esisteva solo una cosa: vincere, tornare in Serie A e cancellare il torto subito. Sai una cosa…»?

No.
«Sono convinto che se ci prendi oggi e ci metti in campo saremmo ancora fortissimi e imbattibili perché eravamo mossi da una motivazione granitica. Chiaramente potremmo durare 2 minuti, io probabilmente riuscirei a giocare 42 secondi». E giù risate.

I migliori anni Brioschi-2

Hai un rimpianto nella tua carriera?
«Certamente. Ho fatto una carriera dignitosa e soddisfacente però con una testa diversa, magari più matura, avrei potuto fare qualcosa in più. Mi sarebbe piaciuto giocare a quei tempi con la testa di oggi. Avrei qualcosa da dire a quel Brioschi lì, lo farei sedere sulla seggiola per fargli un discorso. Da un altro lato sono contento perché non ho mai guardato troppo indietro, mi sono rimboccato le maniche e mi sono costruito questo mestiere nelle Assicurazioni».

Un saluto alla città.
«Un abbraccio virtuale a Piacenza a cui sono esageratamente legato. Piango e sto male nel vedervi soffrire, state vivendo un momento difficile».

Ehh, scusa Brio. So che abbiamo finito 10 minuti fa ma Mino Lucci ci ha detto “ma come, non gli hai chiesto della pista delle macchinine”?
«Diciamo che al tempo, a 25 anni, mi dilettavo nel costruire le piste per macchinine Polistil. Solo che non era il classico “8” ma compravo pezzi su pezzi, diventava sempre più grande finché divenne esageratamente enorme. Venivano a casa mia a giocarci ma il “re” della pista ero io. Sai che c’è?».

I migliori anni Brioschi 1-2

No.
«Mi hai appena fatto tornare l’acquolina. Si è ingrandita negli anni, mi ricordo bene dove l’ho messa. Quasi quasi a sto punto vado a tirarla fuori».

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