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Martedì, 23 Aprile 2024
Piacenza Calcio

Dal catrame di Centocelle a Zidane. «Il più forte che ho visto. E quanto menava Cleto in allenamento». La vita di Daniele Moretti

I migliori anni del Piace - Il fantasista si apre alla nostra rubrica. «"Ehi Moro, vai sulla bandierina" me lo porterò sempre dietro. Gascoigne? Un matto, passava metà del tempo a giocare con l'arbitro. Vierchowod? Nelle partitelle stava in attacco, mai capito»

E così è cresciuta una generazione intera?
«Certamente. A militare parlavo con Muzzi e Casiraghi, anche loro avevano imparato a tirare giù la porta in strada. Ancora oggi mi batto per la tecnica. Noi ne facciamo molta ma non è ancora abbastanza. Nel calcio di oggi si costruiscono giocatori intelligenti ma senza l’attrezzo, cioè i piedi, il pallone non lo comandi».

Domanda a brucia pelo: rovesciata o colpo di tacco?
«Colpo di tacco tutta la vita. Io a fare i colpi di tacco rovinavo gli scarpini solo dietro» e giù risate.

C’è gente che se gli dici “Moretti” ti rispondono “bandierina”.
«Me la porterà dietro tutta la vita. E’ strano perché sono soprattutto ricordato per questa cosa, è bello, ci mancherebbe, però c’è anche altro. Tuttavia la capisco, in effetti me lo chiedevano anche i miei compagni “ehi moro vola sulla bandierina” e io andavo, anche durante la partita non solo nel finale. Non so bene come mi uscissero quei numeri».

Più difficile: tunnel o colpo di tacco?
«Sempre tacco. E’ semplicemente la giocata più bella e veloce. Se lo fai di “prima” puoi smarcare un avversario, altrimenti puoi farlo di spalle al tuo marcatore, liberarti e andare al cross o al tiro. Vuoi mettere? In mezzo secondo hai due o tre giocate disponibili».

Dai ci siamo scaldati, accendiamo la macchina del tempo. Settembre 1993, Piacenza-Torino 0-3.
«Ti viene in mente tutto quello che hai fatto fino a quel momento, cioè, sei in Serie A, nel campionato con più fuoriclasse del pianeta. Rispetto tutti i lavori però quel giorno ho capito che il mestiere del calciatore è forse il più bello e ricco di emozioni. Inizio a 13 anni e mi ritrovo prima in C, poi in B e infine in A».

Andiamo con ordine: passano poche domeniche e ti trovi davanti Gullit. Giusto?
«Sono nel sottopassaggio del Galleana con Piovani. Io sono un tappo, Piovani non è che sia più alto di me. Arriva questo che sembra una statua, una forza fisica fuori dal normale, una chioma di capelli che non finisce più. Era un giocatore devastante, probabilmente uno dei più forti mai visti».

Poi arriva un giocatore molto atipico ma che ci interessa, Dennis Bergkamp.
«Secondo me era molto forte ma in Italia ha fatto meno di quanto avrebbe potuto. Meglio all’Arsenal».

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E di Gazza Gascoigne cosa ci dici?
«Fuoriclasse incredibile, non forte ma fortissimo, però quella testa: un vero pazzo. L’ho affrontato in qualche partita e tutte le volte lui in campo perdeva almeno metà del tempo a scherzare con l’arbitro. Gliene diceva di tutti i colori, gli parlava in inglese. Un vero matto. Mi ricordo ancora quando segnò nel derby contro la Roma e andò sotto la curva della Lazio ad esultare con gli occhiali da clown che penzolano».

Vogliamo parlare di Zeman?
«Quel Piacenza-Foggia 5-4 rimane un ricordo pazzesco. Siamo avanti 3-1, loro rimontano 3-3, noi andiamo sul 4-3 con Turrini e loro ancora 4-4. A quel punto una squadra normale dopo aver rimontato due volte al 90’ pensa a portare a casa il pareggio. Io sono lì vicino alla panchina ospite e sento Zeman che continua a urlare a Stroppa di portare la squadra tutta nella trequarti nostra. Finisce col Turro che infila il 5-4. Zeman è così, piaccia o no».

E a te piace il boemo?
«Perdere per perdere allora tanto vale farlo in quel modo, giocando a calcio e dando spettacolo. Me lo ricordo alla Roma, la sua squadra era un piacere vederla».

Nemmeno te lo chiedo per chi tifi.
«Se sei di Roma tifi la Roma. Se sei di fuori allora tifa quello che vuoi, anche Lazio, ma a Roma dai. Lo dice il nome stesso della città». Tutto questo detto con uno spiccatissimo accento romano.

Te l’ho chiesto perché poi arriva la sfida con la Roma, 12 dicembre 1993, vince il Piacenza 1-0. Gol di Piovani. Ce lo racconti?
«Allora da lunedì al venerdì mi hanno chiamato tutti i giorni i miei amici di Centocelle “oh non fare scherzi tu sei di Roma”. Quello che successe durante la settima fu incredibile, poi alla domenica si azzera e giochi ovviamente per vincere. Devo però dire che al gol di Piovani ho detto una cosa». Ancora risate.

Prego.
«Chiamate Piovani e chiedeteglielo». Rispondiamo che lo sappiamo già, lo insegui urlandogli “lì mortacci tua proprio alla Roma dovevi fa gol”. «Esatto». E giù altre risate.

Totti o Giannini?
«Non scherziamo. Giannini grande campione ma Totti è uno dei giocatori più forti della storia italiana».

E Baggio?
«Ecco, già se mi chiedi Baggio o Totti vado in difficoltà. Baggio aveva un talento sconfinato, sinceramente ci sono state un paio di occasioni in cui gli ho visto fare delle giocate con una semplicità disarmante. E poi è una gran persona».

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