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Il ricordo di Andrea Cavanna. «Ciao "cochino"». «Sapeva farsi volere bene da tutti»

Luigi Panzetti, dirigente del San Giuseppe, e Alessandro Monnet, tecnico della Libertaspes, ricordano il giocatore scomparso in seguito a un incidente stradale. «In questi giorni non ci alleniamo, non ce la sentiamo proprio»

Non riescono ancora a parlare al passato perché Andrea resta uno di loro. Luigi Panzetti è il direttore sportivo del San Giuseppe, l’ultima squadra di Andrea Cavanna, morto a soli 30 anni dopo essere stato investito sabato sera nel centro di Podenzano da una Bmw.

«Per noi era “cochino” – ricorda il dirigente biancazzurro – perché non beveva bevande alcoliche. Un ragazzo meraviglioso, intelligente, bravo a a giocare a calcio, sempre sorridente e disponibile. Il figlio che tutti i genitori vorrebbero». Negli ultimi anni, fra lockdown e sospensione dei campionati di calcio, si era anche reinventato giocatore di padel. «Condivideva con i compagni questa nuova avventura ed era bravo anche in questa attività. E’ una perdita molto ma molto dolorosa per tutti noi della prima squadra ma in generale per l’intera comunità del San Giuseppe».

In passato Cavanna aveva vestito anche le maglie di Pontenurese, Vigolzone e della Libertaspes, quest’ultima sotto la guida di Alessandro Monnet che fatica a trovare le parole per descrivere Andrea. «Per me è un momento difficile, ci sono troppe emozioni e una valanga di ricordi stupendi. L’avevo allenato nelle giovanili e quando sono passato alla Libertas è stato il primo giocatore che ho chiamato. Adesso eravamo avversari sul campo ma ci sentivamo molto spesso, anche per parlare di cose extra calcio perché noi lo sport lo vivevamo allo stesso modo, con i ritrovi fuori dal campo e una grande voglia di trascorrere tanto tempo insieme divertendoci. Lui è uno dei miei ragazzi, è cresciuto con il gruppo che guido adesso; oggi avevamo allenamento ma abbiamo deciso tutti insieme di non presentarci nello spogliatoio. E non lo faremo nemmeno domani, in questo momento non abbiamo voglia di pensare allo sport».

Da ragazzino giocava da attaccante esterno «era quello con i piedi buoni». Poi, anche a causa di un infortunio ai legamenti del ginocchio, il nuovo ruolo di centrale di centrocampo, «un punto di riferimento per tutti i compagni». Perché Andrea «sapeva farsi voler bene da tutti, sempre sorridente. Anche impegnandosi era difficile farlo arrabbiare».

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