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Giovedì, 25 Aprile 2024
Calcio

Renzo Ulivieri: la politica, il razzismo e Baggio

Sguardo intenso e accento toscano inconfondibile. Pochi fronzoli, poco spazio per l’oratoria bella e levigata. Lo stile di Renzo Ulivieri da San Miniato è inconfondibile, sempre lo stesso, sempre coerente, mai banale. Ha voglia di parlare...

Sguardo intenso e accento toscano inconfondibile. Pochi fronzoli, poco spazio per l’oratoria bella e levigata. Lo stile di Renzo Ulivieri da San Miniato è inconfondibile, sempre lo stesso, sempre coerente, mai banale. Ha voglia di parlare “Renzaccio”, anche se il traffico autostradale ha fatto ritardare la sua sortita in terra piacentina.
La platea radunata alla Coop Sant’Antonio, su iniziativa di Sinistra Ecologia e Libertà per cui Ulivieri è stato candidato al Senato alle elezioni del 2013, getta lo sguardo su un protagonista del nostro calcio che non ha mai celato il proprio impegno e la propria visione del mondo.

«Dopo l’allenamento - attacca - in qualsiasi città io fossi, mi piaceva frequentare le Case del popolo e le sezioni dei vari partiti di sinistra che si sono succeduti. Sono sempre stato attaccato alle mie radici, il mio babbo mi ha trasmesso questa passione che mai ho abbandonato. Ci tengo anche a dire che nessuno mi ha mai dato particolari problemi per il mio impegno; forse qualche coro allo stadio, ma nulla più».
Al di là delle proprie scelte e posizioni, ciò che è forse inusuale in un mondo come quello calcistico, è vedere una persona dedicarsi alla società e portare avanti con dedizione un impegno di cittadinanza. Ulivieri non è così lapidario: «Nel calcio attuale ci sono uomini e donne di politica. I media, forse, danno una visione sbagliata e troppo frivola del contesto. Certo non sono più gli anni ’70, quando chi allenava aveva almeno tre o quattro giocatori su posizioni politiche forti, ma ancora oggi, in altro modo, ci sono calciatori e allenatori che hanno il senso del sociale, un sentimento forte di non egoismo».

PRIVILEGIATO - Il prof. Ulivieri sembra essere su un campo di calcio; risponde alle domande camminando avanti e indietro con lo sguardo basso, pensieroso e diretto come solo i toscani coriacei sanno fare. «Attualmente faccio per la terza volta il presidente dell’Associazione Allenatori, il direttore della scuola calcio di Coverciano e me ne vado qua e là ad insegnare calcio a chi me lo chiede. Faccio questo da volontario; nella mia vita sono sempre stato privilegiato e cerco di restituire un po’ di quello che ho ricevuto».
Quando gli si chiede del calcio di oggi, ferma il suo ‘avanti-indietro’, si blocca e con un velo di rassegnazione risponde convinto: «E’ mutato completamente. Ha perso d’animo e sentimento; l’aspetto economico si è imposto inesorabilmente, senza che nessuno abbia reagito a questa invadenza. Voi non avete idea che stupidata sia giocare la domenica all’ora di pranzo. Quello era un momento sacro una volta, dove la famiglia si ritrovava non per vedere calciatori correre dietro un pallone, ma per mangiare insieme e parlare. Questo spazio è stato assaltato da logiche senza senso e legate solo al denaro. Il popolo dovrebbe spegnere la tv e riappropriarsi di quello spazio. Io amo il calcio, anche oggi, ma queste cose non mi garbano per niente».

MOVIOLA - E per favore non parlategli di moviole in campo: «Chi vuole la moviola in campo pensa male e chi la vuole sbaglia. Gli errori ci sono, è normale e fanno parte del gioco. Ma pensate se dovessimo continuare a fermare il match come fanno alcuni sport americani: sarebbero discussioni all’infinito, interruzioni continue e sfido chiunque a mettersi d’accordo».
“Renzaccio” è un fiume di energia, nonostante qualche colpo di tosse. Tra i molti temi che riesce a toccare ci sono quelli del razzismo e dell’omofobia nel calcio. Per il mister pisano il vero problema riguarda l’educazione: «Non riusciamo più a relazionarci con la diversità. In questi anni, a tutti i livelli, ci hanno fatto dimenticare come si affrontano le difficoltà insieme e l’altro è diventato una minaccia, un pericolo da evitare. Io credo che si debba ritornare ad educare i giovani su questi aspetti. La parola d’ordine deve essere rispetto. Solo così, parlo per esperienza, si crea un gruppo compatto, si dà un esempio concreto di bene comune, dove l’io è subordinato al noi. Vedrete che se questi fattori di civiltà riemergeranno dal passato, omofobia e razzismo si potranno combattere».

BAGGIO - Discorsi complessi, non facili da affrontare, almeno in un unico incontro. Ma chi non conoscesse la storia di Ulivieri, il suo pensiero, le sue convinzioni, potrebbe capire tutto di lui, ascoltando cosa pensa di Roberto Baggio: «Io ho avuto problemi con Roberto. Quando fu a Bologna, decisi di cambiare la squadra per lui, mettendola al suo servizio. E feci un errore imperdonabile che ci costò diverse partire e qualche incazzatura intensa. Nel momento in cui misi Baggio al servizio della squadra, ecco le cose cambiarono in positivo. Questo è un grande insegnamento che mi porto dentro. Alcuni giornalisti dicevano che nei gol di Roberto c’era l’arte, la fantasia, la poesia. Tutto vero, lui era sopraffino. Ma ricordatevi bene che i suoi gol valevano come quelli degli altri, come quelli di Paramatti o Fontolan. Nei loro, c’era il sudore».
Alberto Rossi

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