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La scomparsa di Vialli: addio campione ci hai lasciati con il cuore in gola

Pietro Vierchowod: «Non mi sembra vero, con Luca abbiamo diviso momenti indimenticabili»

Vialli era chiamato scherzosamente Topolino, era amato dai tifosi e segnava gol a raffica, tant’è che il presidente Luzzara non avrebbe mai voluto cederlo, forse perché gli ricordava figlio, o forse per impostazione radical chic, l’atteggiamento medio borghese e assai diverso dalla media dei calciatori di ieri e di oggi ma la Juventus che da Cremona aveva già pescato il Bell’Antonio Cabrini, insisteva fortemente ma inspiegabilmente la trattativa saltò; fu Paolo Mantovani a fare il blitz e dopo l’enfant prodige Roberto Mancini, si assicurò anche Gianluca Vialli in cambio di Alviero Chiorri, un Rimbaud del pallone che dopo anni di buio trovò la fiducia della città e del suo presidente. Le giocate impossibili di questo campione dall’esistenza pirandelliana stemperarono la nostalgia per Vialli.

Già, Vialli. Al di là del dolore per la sua scomparsa bisognerà col tempo capire l’anticipo di questo Italian Job che tra Italia e Inghilterra non ha mai smesso, nonostante la malattia che l’ha stroncato, di approfondire il suo continuo viaggio al cuore di due grandi culture calcistiche tra Italia e Inghilterra. Chi scrive ha un ricordo lontano di Vialli, appena tornato nella sua Cremona dopo il successo di Champions League nel 1996 con la Juventus. Una folta schiera di giornalisti di provincia faceva a gara per dare del tu a questo campione autentico, quasi fosse un fratello. Vialli rilasciò, senza risparmiarsi, poche frasi a tutti. Perché diciamolo senza retorica, la vita del giornalista di provincia è poca cosa rispetto alle grandi platee internazionali di chi scrive per i quotidiani di tiratura nazionale.

Quel giorno anche noi provinciali avemmo modo di sedare le nostre frustrazioni quotidiane con un campione d’Europa intelligente e molto affabile. Che altro dire, ci mancherà e negli occhi avremo quell’interminabile abbraccio con l’amico Mancio agli Europei dello scorso anno a Londra. Mi commossi, pensavo che un tumore al pancreas dà poche speranze, quasi nulle. Così fu.

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