rotate-mobile
Calcio

Paratici (Juventus): «Pogba? Diventerà un grandissimo

«Il segreto? Circondarsi dei migliori collaboratori e imparare da chi è più esperto», parola di Fabio Paratici, un piacentino di successo ora Coordinatore dell’area tecnica e Direttore Sportivo della Juventus. Questa mattina, all’Università...

«Il segreto? Circondarsi dei migliori collaboratori e imparare da chi è più esperto», parola di Fabio Paratici, un piacentino di successo ora Coordinatore dell’area tecnica e Direttore Sportivo della Juventus. Questa mattina, all’Università Cattolica di Piacenza, Paratici era ospite speciale del Career Day e, intervistato dai giornalisti Alessandro Biolchi (Sky) e Roberto Perrone (Corriere della Sera) di fronte ad un’aula stracolma, ha parlato a ruota libera degli aspetti cruciali della sua professione e, incalzato dalle domande degli studenti presenti, ha pure rivelato qualche simpatico retroscena in merito ad alcune tra le più famose e recenti trattative di mercato da lui condotte.

CAMBIAMENTI – La carriera di Fabio Paratici è stata brillante ed è passata attraverso altri club di serie A, come la Sampdoria, per arrivare fino alla Juventus, uno dei club più importanti d’Italia e del mondo. Il tutto, attraverso i continui cambiamenti del mestiere indotti dall’avanzamento tecnologico: «Alla Juventus ho tanti collaboratori validi che mi aiutano a rimanere sempre aggiornato su tutto. Alla Samp invece dovevo farmi tutto da solo. C’è da dire poi che la tecnologia, al giorno d’oggi, aiuta tantissimo. Fino a 10 anni fa era impensabile vedere un giocatore colombiano dall’altra parte dell’Oceano senza spostarsi. Adesso è possibile, però tutto questo comporta anche un restringimento dei tempi con i quali si deve operare». Paratici ha poi voluto sottolineare l’importanza del lavoro in team. «Io svolgo un ruolo tecnico in società, ma è solo la parte finale di un processo che comprende anche l’attività di osservatori e collaboratori. Io, ad esempio, ho la fortuna di lavorare insieme ad un grande dirigente come Pavel Nedved e ad un allenatore che è sempre molto presente. E poi c’è Marotta, un personaggio esperto e preparato che è un punto di riferimento per un giovane come me».

GRANDI COLPI – La chiacchierata poi è arrivata al dunque e ha toccato argomenti più specifici, passando in rassegna i più grandi colpi di mercato compiuti. «Quando abbiamo preso Pirlo – ha raccontato Paratici – non credevamo più di tanto nella buona riuscita della trattativa. Sapevamo che andava in scadenza, quindi abbiamo fatto un tentativo. Veniva da un anno d’infortuni importanti e molti pensavano che fosse un giocatore finito; noi invece, dopo le verifiche del caso, ci abbiamo creduto e abbiamo avuto ragione». D’altronde il mestiere del Ds comporta grandi responsabilità e certe volte è meglio reperire tutte le informazioni del caso prima di muoversi. «Fintanto che la trattativa è agli inizi è tutto ok. Poi quando invece si arriva al dunque io non dormo la notte. Prendo tutte le informazioni del caso, incontro la famiglia, il giocatore e studio ogni aspetto della carriera prima di prendere una decisione. Questo perché voglio essere convinto della scelta e poi, una volta presa, bisogna avere la pazienza di continuare a sostenerla anche se all’inizio sembra non rendere. Un esempio? Bonucci. Sappiamo tutti il giocatore che è. Il primo anno però è stato criticatissimo e anche io ero perplesso, se però lo avessimo venduto adesso lo vedremmo in nazionale con la maglia di un altro club e magari, come Juventus, avremmo vinto di meno». Poi il discorso fila via su Pogba e Vidal, due gioielli bianconeri. «Su Pogba vi posso dire che diventerà un grandissimo. Molti credono sia una nostra scoperta ma in realtà, tra gli addetti ai lavori, tutti lo conoscevano. La sua qualità più grande è la testa. Vidal? Lo abbiamo scoperto quando giocava nel Leverkusen, assistendo ad una partita nella quale eravamo andati a visionare Giuseppe Rossi. In questo lavoro bisogna essere sempre attenti alle occasioni che possono capitare». Per poi arrivare al colpo principe dell’ultimo mercato estivo, il top player, Carlitos Tevez. «Trattare certi giocatori ti dà un’adrenalina particolare. Devi però rimanere sempre sul pezzo, perché la concorrenza è tanta e fin quando non c’è la firma non sei tranquillo. Mi ricordo che quando Carlitos doveva prendere l’aereo per venire in Italia ho puntato la sveglia alle 4 e 30 del mattino, ora in cui sarebbe salito sull’aereo, per verificare che il suo cellulare fosse spento».

DELUSIONI – Paratici è riuscito a portare a casa fior di giocatori, ma è anche incappato in errori clamorosi. «I pacchi sono i giocatori che ricordi di più e anche quelli che ti aiutano a migliorare. Quando ho preso Martinez dal Catania, ad esempio, ero veramente convinto che fosse un grande giocatore. Del resto era un giocatore che segnava da anni e che volevano tutti. Elia? Quando lo abbiamo preso aveva appena giocato la finale dei mondiali contro la Spagna da titolare, per di più a soli 22 anni. Era quindi uno di quei giocatori che andava per la maggiore, per cui penso che per comprendere gli sbagli bisogna anche contestualizzare. Questo giocatore è arrivato alla Juventus, una grande, non avendo un carattere fortissimo e per di più arrivando al 30 d’agosto: per un giocatore saltare il ritiro equivale ad una partenza ad handicap. Il calcio, d’altronde, non è una scienza esatta e la gestione del lato umano non è affatto facile». Famosa è poi la trattativa-Berbatov. «Berbatov, al penultimo giorno di mercato, aveva già un accordo con la Fiorentina. Tutti a Firenze lo aspettavano ma, alla mattina, ha chiamato il suo procuratore dicendo che sarebbe andato al Fulham. Martin Jol, il tecnico degli inglesi, aveva passato la notte a convincere Berbatov e gli aveva fatto cambiare idea. Al che, ci intromettemmo noi nella trattativa e riuscimmo a convincerlo, almeno a parole, a venire a Torino. Quindi Jol non si diede per vinto e riuscì a spuntarla convincendo nuovamente, e definitivamente, Berbatov. Da qui poi nacque l’incomprensione tra Fiorentina e Juve».

IN EUROPA –
Competere in Europa con le ricchissime top squadre non è affatto facile. Ad oggi, il nostro calcio pare indietro di alcune lunghezze rispetto a quello di altre nazioni. «Competere è molto difficile perché altri club hanno effettivamente uno strapotere economico. La Juventus però può contare sulla forza di un brand conosciuto in tutto il mondo. Per cui, quando andiamo a trattare i giocatori, possiamo sopperire al gap economico con l’importanza della nostra tradizione. Tevez, per dirne uno, avrebbe potuto andare in altre squadre a guadagnare molti più soldi. Invece ha scelto la Juve per due motivi: uno è che i sudamericani preferiscono giocare in paesi latini e l’altro è che il nome Juventus ha ancora un grande peso in sede di trattativa».
Marcello Astorri

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Paratici (Juventus): «Pogba? Diventerà un grandissimo

SportPiacenza è in caricamento