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Elisa Guarnieri cura l'immagine di Marco Belinelli

Lei si chiama Elisa Guarnieri, è di Fiorenzuola, ed è il volto piacentino della NBA a stelle e strisce. Come? Semplice: questa giovane piacentina cura l'immagine, la comunicazione e i rapporti con la stampa di Marco Belinelli, guardia dei San...

Lei si chiama Elisa Guarnieri, è di Fiorenzuola, ed è il volto piacentino della NBA a stelle e strisce. Come? Semplice: questa giovane piacentina cura l'immagine, la comunicazione e i rapporti con la stampa di Marco Belinelli, guardia dei San Antonio Spurs e della nazionale azzurra ma, soprattutto, primo italiano a vincere un titolo, nella gara da tre punti, all'NBA All Star Game che si è disputato pochi giorni fa a New Orleans. Trentanove anni, una vita attivissima tra Milano e gli Stati Uniti, e il delicatissimo compito, dal 2010, di curare e sviluppare l'immagine di un giocatore che si sta costruendo una carriera ricca di soddisfazioni nel campionato più importante, difficile e spettacolare. «Ormai sono tredici anni che vivo e lavoro nel mondo dello sport - ci spiega Elisa Guarnieri - prima come consulente di un'importante marchio sportivo, mentre dal 2010, dopo la chiamata dei fratelli Belinelli, ho iniziato anche ad occuparmi della sua immagine». E perché questa chiamata? «Nel passaggio dai Toronto Raptors agli Hornets, Marco aveva bisogno di migliorare la promozione della propria immagine, a partire dall'utilizzo dei social network, che hanno una rilevanza fondamentale per un atleta del suo calibro e così è nata questa fratellanza».

Mica facile, così per dire, tenere a bada la stampa americana e i riflettori accesi sull'NBA hanno davvero pochi eguali al mondo. «Mi occupo un po' di tutto ma, come ho detto prima, alla base del lavoro c'è un rapporto di fratellanza che devi stringere con l'atleta, in questo caso Marco Belinelli, senza il quale diventa tutto tremendamente più difficile. In sostanza devi essere il suo alter ego e curare la comunicazione a trecentosessanta gradi». I rapporti con la stampa Usa come sono? «Anche loro si differenziano in locale e nazionale, ma quello che diventa più difficile è il passaggio a squadre che hanno un richiamo maggiore rispetto ad altre. Ad esempio a New Orleans c'era molto interesse, perché Marco giocava bene e la squadra aveva centrato i playoff, ma niente di paragonabile a quando è passato ai Chicago Bulls nel 2012. Li si viaggiava su un pianeta diverso, vestiva una maglia che è un totem di questo sport, e dunque l'attenzione dei media è aumentata».

Differenze con la stampa italiana? «C'è un etica del lavoro diversa e coordinate differenti; di base in Italia comanda il calcio e per gli altri c'è poco spazio, di conseguenza calcio e calciatori hanno il predominio su tutto. In America è ovviamente diverso, perché ci sono il football, il basket, il baseball, l'hockey e più sport in generale su cui concentrarsi. Sul come lavorano, in effetti anche lì c'è attenzione al gossip, tuttavia la vena polemica è decisamente meno invadente. C'è meno effetto sulle polemiche grazie alla NBA che ha delle regole davvero ferree su questi argomenti». L'immagine di Marco Belinelli ha subito un balzo in avanti ulteriore dopo la vittoria nella gara dei tre punti all'All Star Game, dove ha superato nello spareggio finale lo statunitense Bradley Beal dei Washington Wizard. «Sinceramente sì. Marco era già un giocatore conosciuto e rispettato, ma la vittoria nell'Al Star Game ha aumentato la percezione della sua immagine nel pubblico, fin dalla sera stessa della vittoria».

Parliamo un po' di social network, oggigiorno uno strumento indispensabile per i giocatori. «Ho sviluppato e integrato insieme a lui l'account Twitter e il suo sito internet personale. All'inizio non era propenso a lavorare su questa strada ma poi abbiamo avviato insieme un percorso, mettendo al centro l'importanza di questi strumenti soprattutto per i suoi tifosi che possono, in questo modo, essergli sempre vicino e ora ci tiene molto». Ed Elisa Guarnieri come si gestisce in tutto questo? «Il mio quartier generale rimane sempre Fiorenzuola, qui vivo e ho la casa, Marco però rappresenta solo parte del mio lavoro che si sviluppo tra Milano e gli Stati Uniti».

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