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Magnacavallo, primario del Pronto Soccorso: «Vediamo una diminuzione degli accessi, la situazione inizia a essere più gestibile»

Il medico in prima linea in questa emergenza: «I risultati sono arrivati a un paio di settimane dalle restrizioni del 10 marzo, sintomo che si tratta di una norma corretta»

Secondo lei la situazione è stata sottovalutata, specialmente da chi aveva il compito di decidere come muoversi e che misure prendere per ridurre l’impatto del virus? La carenza di sistemi di protezione sembra solamente la punta dell’iceberg.

«Non lo so, questo è il compito della politica e io faccio il medico. Da dottore posso dire che qualche criticità forse si poteva prevedere, ma onestamente quando vedevo quello che stava succedendo in Cina non mi sarei mai aspettato un coinvolgimento così massiccio anche dell’Italia. Non penso fosse così facile da prevedere, almeno per noi che siamo medici. Per quanto riguarda la situazione attuale dico che stiamo vedendo adesso i risultati della chiusura decisa il 10 marzo, probabilmente se la serrata fosse arrivata qualche giorno prima saremmo in una situazione migliore».

Realisticamente si può prevedere quando in ospedale tornerete a una fase di normalità?

«Diciamo che fino a qualche giorno fa arrivavano solamente pazienti affetti da Covid19, ora sta tornando anche chi ha altre patologie. Per questi ultimi abbiamo deciso di tenere il percorso “pulito” con il primo triage esterno, perché visti i numeri non era possibile fare altrimenti. Nelle scorse settimane sono state effettuate importanti modifiche organizzative negli ospedali di tutta la provincia, prima di cambiare orientamento vogliamo essere sicuri che l’emergenza sia veramente passata e ritengo non si possa fare prima della vera ripartenza che avverrà quando tutte le attività saranno aperte».

In passato è stato per alcuni anni medico del volley in Serie A quando la squadra era targata Copra. Questa esperienza sportiva ha inciso sulla sua formazione e magari nell’approccio per affrontare momenti di emergenza come quello attuale?

«Ogni esperienza aiuta a crescere e il periodo trascorso nella pallavolo non fa eccezione. Il medico di Pronto Soccorso ha innata l’appartenenza a una maglia, come succede nelle squadre di volley, e poi è abituato a polarizzarsi verso un obiettivo: ce l’abbiamo nel nostro dna. E poi in questa emergenza è stato fondamentale lavorare in team; non possiamo far fronte a un momento simile come singolo, sarebbe una mentalità perdente».

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