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Giulio Sabbi: «Tutti in casa e attività chiuse, ecco come stanno sconfiggendo il coronavirus in Cina»

L'ex opposto biancorosso era a Shanghai quando è esplosa l'emergenza. «Ci provavano la febbre anche all'ingresso in autostrada»

Lui e i suoi compagni non hanno avuto problemi particolari. «Ma noi vivevamo in una sorta di bolla di vetro, però molti erano preoccupati per le famiglie». Il bomber italiano era arrivato in Cina l’8 gennaio per poi rientrare il 31 e prendere la via di Civitanova. «Qualche giorno fa ho sentito il fisioterapista della mia squadra cinese e mi ha detto che da loro la situazione sta tornando piano piano alla normalità. Iniziano a riaprire i negozi e i contagiati sono ridotti quasi a zero».

La conseguenza naturale sarebbe dunque seguire la strada tracciata in Oriente per provare a lasciarsi alle spalle questo periodo drammatico. «Il problema principale penso sia un altro: in Cina bisogna rispettare quello che dice l’autorità, qui in Italia invece si cerca sempre di trovare il cavillo per aggirare la norma. Ci hanno messo due mesi e mezzo ma sembra siano riusciti ad uscirne, ma là hanno chiuso tutto, rimanevano aperti solamente alimentari e farmacie. Perché non si può ritenere l’economia più importante della vita umana».

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