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«Stroppa il migliore per distacco. Piacenza-Foggia 5-4? Inno al calcio». Roberto Gregori ci racconta il suo biancorosso.

Giornalista classe 1954. E’ un personaggio che ha scritto e descritto parte della nostra storia. «Iachini lo metto a livello del “primo Cagni”. Inzaghi? Deve molto a De Vitis, è Totò che gli ha insegnato ad aggredire sempre il primo palo nell’anno di B».

Sì ma il Piacenza mica ci ha giocato contro.
«Lo dico lo stesso». E’ Gregori, prendere o lasciare. Noi prendiamo a mani basse.

Dai, contro i biancorossi?
«Senza dubbio Ronaldo, quello vero eh, R9. Mi ricordo una partita di Coppa contro il Piacenza, un paio di finte in velocità ed è caduta mezza squadra. Tra l’altro aggiungo: che squadra. Non avevamo dei giocatorini in difesa quella sera ma gente esperta. Però R9 era davvero una sofferenza per tutti, faceva cose spaventose in punta di piedi. Un ballerino».

Migliori Anni Ronaldo-2

Il difensore? (Siamo sempre negli avversari, eh)
«Tutta la vita Sandro Nesta. Elegante, forte, potente, intelligente. In assoluto il miglior difensore che abbia mai visto in quegli anni».

Qui ti vogliamo: centrocampista?
«Difficile perché in quel periodo c’erano davvero dei campioni. Dico Nedved perché aveva un ritmo impressionante».

Attaccante?
«Weah senza dubbio. Un armadio dalla tecnica sopraffina e con l’istinto del gol. Se ci ripenso mi viene paura, attaccante pazzesco visto al Garilli».

Riscaldamento fatto. Veniamo al Piacenza, allenatore con cui hai legato maggiormente da giornalista a livello umano?
«Iachini perché era una persona molto umile e allo stesso tempo maniacale nel preparare i dettagli. Era davvero un’ottima persona, diciamo che lo metto al pari del “primo” Gigi Cagni».

Perché il secondo com’era?
«Quando tornò a Piacenza, tra il 2002 e il 2004, si era decisamente imborghesito. Non assomigliava più a quello degli anni 90’ e soprattutto era lontano dal mio modo di intendere questo sport».

Cioè?
«Io vedo il calcio come un qualcosa di disincantato. Prima vengono gli uomini e dopo allenatori e giocatori. La qualità dell’uomo va sempre messa prima anche se, di solito, le due cose viaggiano di pari passo».

Troppa filosofia per noi. Torniamo ai giochini: miglior portiere del Piacenza?
«La regola mi impone Taibi ma la verità è che in questo ruolo non mi ha mai stuzzicato nessuno. Ne abbiamo avuti di forti, tipo Taibi, però c’è da dire che Sereni non gli era inferiore».

Difensore migliore?
«Lucci senza ombra di dubbio. Mino aveva una classe superlativa e concordo in pieno con quanto ha detto in un’intervista alla vostra rubrica, cioè che col suo fisico non statuario sarebbe complesso fare il difensore oggi. Aggiungo che era complesso anche a quei tempi. Lui sopperiva a questo “problema” con un senso tattico eccellente, una tecnica sopraffina per essere un centrale e un’intelligenza fuori dal comune».

Qui giochi in casa: miglior centrocampista?
«Stroppa per ampio distacco su tutti. Mi procurava emozioni a non finire, era un vero spettacolo vederlo giocare. Aveva capacità tecniche e di visione di gioco uniche. Chiaramente, come tutti questi giocatori, non aveva la continuità nei 90 minuti, però glielo perdonavo. E’ in assoluto il miglior giocatore che abbia vestito la maglia del Piacenza».

Migliori Anni Stroppa-2

Se dici Stroppa rispondiamo Fiorentina.
«Domenica memorabile. Loro primi in classifica allenati dal Trap, si presentano qui con Edmundo, Rui Costa, Batistuta e Oliveira. Escono sconfitti 4-2 e con Stroppa che suonò per 90’ una composizione scritta da Mozart».

C’è un però?
«Sì perché alla Fiorentina ho legato un altro ricordo in realtà. Stagione successiva, 24 ottobre 1999 - vedi che ti ricordi le date - sempre il Trap in panchina. Gran partita la nostra, 2-0, Cristallini e Di Napoli. Trapattoni si dimette in diretta mentre lo intervisto in sala stampa per Telenova. Alla sera rientra tutto perché da lì a due giorni la Fiorentina avrebbe giocato in Champions a Wembley contro l’Arsenal. Vinceranno 0-1, Batigol. Però il Trap si era dimesso 48 ore prima solo che a tarda notte tutto rientrò».

Che anni.
«Vissuti da giornalista ti dico che era una cosa pazzesca, soprattutto il primo anno. Andare a San Siro era come vivere in un mondo sospeso, purtroppo ci siamo abituati velocemente a questa cosa e l’abitudine, in tutti gli ambiti della vita, è sempre una brutta bestia».

Momento topico?
«Milan-Reggiana, 1 maggio 1994, la Regia vince contro il Milan degli Invincibili e si salva in A con noi condannati alla B. Vado in sala stampa e arriva Fabio Capello. Giustamente lui dice che il Milan in campo quel giorno era formato da giocatori sì panchinari nel Milan ma in realtà tutti Nazionali. In effetti c’erano Papin, Desailly, Tassotti, Galli e poi entrarono Donadoni e Massaro. Però Capello aggiunge che “Baresi e Costacurta erano in montagna a ossigenarsi”. Gli faccio notare che per la finale di Champions contro il Barcellona di Romario e Bebeto i due centrali erano squalificati e quindi non doveva dire delle “cavolate”».

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