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Daffe: «Le offese mi hanno ferito più di una coltellata. E non si può far sempre finta di niente»

Il portiere dell'Agazzanese uscito dal campo dopo essere rimasto vittima di insulti razzisti sul terreno della Bagnolese: «Da 15 anni quando una persona viene offesa si dice che sono due stupidi. Però ci sono sempre»

A 24 ore di distanza Omar Daffe non arretra di un centimetro. «Vuoi sapere se a freddo mi sono pentito del mio gesto? Assolutamente no, lo rifarei immediatamente». Domenica ha abbandonato il campo dopo essere rimasto vittima di insulti razzisti nel confronto giocato dalla sua Agazzanese in casa della Bagnolese; i suoi compagni l’hanno seguito obbligando di fatto l’arbitro a sospendere la gara dopo meno di mezz’ora. Da allora il cellulare squilla ininterrottamente, «non ho il tempo di fare neppure una telefonata», tante sono le chiamate e i messaggi di solidarietà da parte di amici e di chi in questi anni ha conosciuto il gigantesco portiere della squadra piacentina. Ieri, come ogni lunedì, avrebbe dovuto presentarsi a Podenzano per allenare i ragazzi del Centro Federale Territoriale, ma ha chiesto un giorno di pausa. «Ho preferito rimanere tranquillo a casa, perché non c’ero con la testa. Ma da lunedì prossimo riprendo regolarmente».

Cosa è successo domenica?

«C’è stato un contrasto dopo una mia uscita e mi sono urtato con un avversario, un normalissimo scontro di gioco. Qualche minuto dopo, mentre stavamo battendo un calcio d’angolo, dunque la palla era dalla parte opposta del campo, una persona è scesa dalle tribune, si è avvicinata alla rete di recinzione e ha iniziato a urlarmi “negro di m.”».

La tua reazione qual è stata?

«Al primo insulto ho fatto finta di niente, anche perché non è la prima volta che mi capita. Al secondo pensavo intervenisse l’arbitro, anche perché in campo tutti sentivano cosa stesse urlando, la terza volta non ce l’ho più fatta, mi sono tolto i guanti e me ne sono andato negli spogliatoi senza replicare».

A quel punto prima l’arbitro ti ha mostrato il cartellino rosso perché hai abbandonato il campo, poi tutta la squadra ha deciso di seguirti dando un segnale molto forte.

«Dell’espulsione neanche mi sono accorto, perché ero già negli spogliatoi. Il comportamento dei miei compagni invece non mi ha sorpreso: conosco bene i ragazzi, con alcuni gioco insieme da anni, e so che sono persone fantastiche. Sono contento della loro vicinanza, perché mi hanno dimostrato quanto tengano a me. E sanno bene che io mi sarei comportato allo stesso modo se un episodio simile fosse successo a loro».

Ripensandoci oggi a mente fredda rifaresti tutto allo stesso modo?

«Assolutamente sì. Erano offese veramente pesanti, mi hanno fatto più male di una coltellata. E poi io non ho assolutamente replicato, ho solo urlato a chi mi insultava di smetterla».

A mente fredda il fatto che fosse un singolo individuo a insultarti e non un gruppo numeroso riduce il dispiacere?

«Da 15 anni quando una persona viene offesa si dice che sono due stupidi. Però ci sono sempre. Se iniziano in 2 e gli altri 98 li cacciano dalle tribune allora vedrete che non succederà più niente».

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