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Roberto Samaden (Inter): «Tra gli 8 e i 13 anni la prima cosa che si guarda è la tecnica»

Il direttore del settore giovanile neroazzurro, insieme all'ex calciatore Chivu e a Bernazzani, presenti alla festa del San Giuseppe Calcio a Palazzo Galli

Festa grande per la società di calcio piacentina San Giuseppe che ha spento 40 candeline (1979-2019) a Palazzo Galli, ospitata dalla Banca di Piacenza e contemporaneamente ha festeggiato anche i 10 anni da Centro di Formazione dell’Inter.
A fare gli onori di casa il presidente del club Stefano Colonna insieme al vicepresidente Angela Poggioli e allo storico numero uno Virginio Bersani. Chiaramente in prima fila la Banca di Piacenza con Pietro Coppelli (condirettore generale) e una serie di illustri ospiti speciali a partire dal piacentino Roberto Samaden, direttore del settore giovanile dell’Inter accompagnato dall’ex calciatore Cristian Chivu e da Daniele Bernazzani, altro piacentino doc e ora responsabile tecnico Area Agonistica dell’Inter.
Insieme a loro tutti i tecnici e i dirigenti del San Giuseppe con i 300 bambini tesserati per una festa bellissima salutata dal sindaco Patrizia Barbieri. Tra uno slalom e l’altro riusciamo a intercettare Roberto Samaden che parla volentieri a trecentosessanta gradi di giovani.

Che importanza hanno i Centri di Formazione per l’Inter?
«Sono fondamentali nel nostro sviluppo ed è quello che ci distingue da altri settori giovanili, che lavorano bene, ma questo è un nostro prodotto su cui puntiamo molto. Il bello è che nessuno di questi Centri di Formazione è uguale all’altro, tutti hanno delle proprie caratteristiche e hanno un valore importante nel nostro progetto».

E il San Giuseppe?
«Se è con noi da 10 anni vuol dire che lavora benissimo ed è importante per la parte tecnica dei ragazzi, da tutti questi anni è un nostro punto di forza».

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Che cosa deve avere un ragazzo per essere selezionato dall’Inter?
«Il discorso è molto ampio e coinvolge diverse fasce di età; in quella che riguarda i Centri di Formazioni come il San Giuseppe, quindi da 8 a 13 anni, l’aspetto più importante è il rapporto che hanno con la tecnica di base. Poi, quando crescono, nella valutazione entrano anche altri aspetti come il fisico, la predisposizione mentale del ragazzo e tanti altri parametri. A questa età, però, conta la tecnica».

E un tecnico dell’Inter che qualità deve avere?
«Per tutti vale una regola, cioè adeguate qualità morali. Dopodiché, come per i calciatori, anche qui entrano in gioco diversi fattori a seconda dell’età dei ragazzi che allenano. Prima formano i bambini, poi diventano insegnanti e più si alza l’età, diversa è la preparazione del tecnico».

Come stanno i settori giovanili italiani?
«Non siamo messi così male come si dice in giro. Siamo in una fase in cui i club sono tornati a investire sui settori giovanili e questo è importante, anche a livello di Nazionale maggiore vediamo i risultati di questo aspetto, tuttavia rispetto ad altre realtà europee siamo ancora indietro, in particolare a livello di strutture. Gli impianti hanno una grande importanza perché sono in fondo lo strumento che utilizzi per formare i ragazzi, in Italia siamo ancora troppo indietro sotto questo aspetto».

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